Sebbene ogni autore scriva per i lettori e li metta al primo posto, c'è qualcosa per cui questi non potranno mai essere davanti all'autore: la conoscenza della storia.
Sembra un'ovvietà, ma è meglio partire dall'ovvio per comprendere bene questa regola: il lettore non conosce (o non conosce bene) la tua storia quanto te che la scrivi.
Tu puoi avere ben chiaro in mente il perché un personaggio arrivi ad agire in un certo modo e per quali meccanismi emotivi.
Alla stessa maniera, non è difficile per te che lo inventi accettare che l'antagonista del tuo personaggio principale abbia della malvagità o qualsiasi altro sentimento negativo.
Tutte queste cose, l'autore le conosce prima che esse si manifestino nella pagina.
Qui viene il punto: a volte, per pura negligenza, alcuni autori non si prendono cura di far comprendere bene i meccanismi di causa ed effetto al lettore.
Per quanto riguarda le motivazioni dei personaggi, c'è un unico modo per comunicarle al lettore: stabilirle e dirgliele.
Nel preparare il tuo racconto o il tuo romanzo, devi fare un lavoro completo nel disegnare i personaggi, per avere davvero tutte le informazioni necessarie su di essi.
Se farai questo lavoro nei minimi dettagli, come ti spiego in Accademia del romanzo e negli altri miei corsi, allora essi verranno fuori in maniera naturale man mano che procederai nella narrazione.
Voglio invece sottolineare un errore abbastanza frequente, non solo tra chi muove i primi passi nella narrativa, ma anche tra qualche grande nome.
L'errore è: raccontare l'effetto prima della causa.
Giacomo spalancò la finestra e gridò verso sua moglie. Lei stava riposando le braccia stanche per il peso delle borse della spesa, proprio sotto l'impalcatura del palazzo fatiscente di fronte la loro casa. Eppure, quante volte lui l'aveva scongiurata di non sostare lì sotto, da quando portava in grembo il loro piccolo Mattia?
La prima frase fa sorgere spontanea una domanda: perché mai questo Giacomo dovrebbe gridare?
Non sappiamo nulla di sua moglie sotto l'impalcatura, né delle raccomandazioni fattele dal marito, preoccupato per il suo stato fino all'ossessione per un eventuale incidente.
Esagerando, potremmo anche avere un inizio del genere:
Le tende della finestra di Giacomo ondeggiarono a lungo, mentre schizzava dall'altra parte della carreggiata a spingere via la moglie da quell'asse di legno precipitato dall'impalcatura traballante.
A parte la ridondanza degli aggettivi, vedremmo lui scattare senza avere la minima idea del perché.
Sicuramente, al lettore basta leggere il periodo successivo per tranquillizzarsi e recuperare la piena comprensione della vicenda.
Tuttavia, è un rischio da calcolare con attenzione, perché ogni volta che il lettore si interroga sulla causa di un certo effetto - perché non gli è stato ancora narrato - egli in qualche modo si distacca dalla storia, esce dalla dimensione dell'affabulazione, si fa critico e il tenore emotivo della sua esperienza di lettura scende vertiginosamente.
Come autore, non puoi permettere che la sua partecipazione emozionale venga meno, solo perché vuoi giocare come si fa al cinema, presentando prima una scena shockante e poi, in feedback, i suoi perché.
È una tecnica che funziona solo se applicata con parsimonia, e nei luoghi giusti, primo fra tutti l'apertura del capitolo iniziale (perché se lo fai su tutti gli altri, diventa prevedibile).
Ricordati che anche la migliore applicazione di questo gioco rischia di produrre nel lettore frustrazione.
In generale, se la tua storia non ti sembra buona raccontata in maniera lineare, allora c'è qualcosa che non va nel suo intero sviluppo, e non nel gioco cronologico.
Tieni presente sempre l'Odissea: nella versione che conosciamo noi oggi, essa comincia dalla fine per poi essere ripresa in feedback dal racconto del naufrago, ma se rimetti in ordine il tempo della storia essa resta un magnifico racconto.
Scrivi prima in ordine temporale naturale e quando hai finito prenditi l'agio di decidere se alterare tempo della storia e tempo del racconto.
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