Egli cita, volendo anche nel senso di Cheeta, la scimmia del Tarzan hollywoodiano, perché a volte le citazioni sono usate con lo stesso sproposito con il quale le utilizzerebbero forse i primati.
Stamattina mi arriva via mail la proposta di inserire un widget nei miei blog che pubblichi automaticamente aforismi e citazioni in linea con i temi che tratto, così i miei lettori saranno piacevolmente stimolati da frasi celebri e autorevoli che terranno vivo il loro interesse.
L'idea che una macchina, identificando l'uguaglianza delle parole, possa citare mi lascia in sospeso tra il sorriso amaro e lo sconcerto raggelante.
Sebbene la citazione in letteratura narrativa sia usata solo come compendio alla narrazione, ne parlo qui - e non nell'altro mio blog - perché citare è nella sua essenza un'operazione letteraria, non informativa.
La vera citazione dovrebbe sempre nascere spontaneamente da un'associazione di idee nella mente di colui che cita, cioè estrapola dal suo bagaglio di memorie di lettura estratti che in qualche modo hanno a che fare con un tema di cui si sta occupando nel momento stesso in cui cita.
Invece, la citazione diventa presto una sorta di gettone per far scattare l'ammirazione altrui, un distintivo di conoscitore, una patente di dotto che impressiona senza tuttavia lasciar vedere dietro che cosa c'è realmente, un po' come fa un flash.
Se usata con parsimonia e consapevolezza, la citazione nei testi informativi è in grado di arricchirli e portarli ad altro livello, e io stesso ne ho più volte consigliato l'utilizzo.
Se però è usata senza la conoscenza della materia citata finisce per essere una moina puerile che rivela soltanto il complesso d'inferiorità di chi la fa.
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domenica 3 maggio 2015
Io cito, tu citi, egli cita ma non sta attento agli errori!
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sabato 29 giugno 2013
È facile scegliere la trama: si sa quando si parte...
Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα...
Nel mezzo del cammin di nostra vita...
Il 24 maggio 1863 era domenica...
Alice cominciava a sentirsi assai stanca di sedere sul poggetto accanto a sua sorella...
C'era una volta... - Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
Riconosci questi incipit?
Sono le prime parole rispettivamente di Odissea, Commedia, Viaggio al centro della terra, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Le avventure di Pinocchio - Storia di un burattino.
Che cosa hanno in comune queste pietre miliari della letteratura?
Qualcosa che da sempre attrae gli esseri umani: la possibilità di viaggiare e ritrovarsi in un altro mondo, tutto da esplorare.
Ho deciso di parlare della trama del viaggio perché anch'essa come la precedente - la minaccia - è strettamente legata agli esordi del genere umano sul pianeta.
Prima di diventare stanziali, infatti, gli uomini ce ne hanno messo di tempo a convincersi, e anche quando hanno sviluppato le prime grandi civiltà, la necessità di mettersi in marcia, per terra e per mare, ha continuato ad animare i nostri spiriti, tanto che l'ultima grande epopea dell'esplorazione, cioè la conquista dell'Ovest nordamericano, non è poi così remota.
La trama del viaggio è molto usata nella letteratura per ragazzi perché quasi sempre implica l'attraversamento di paesaggi irreali, spesso magici, e comunque ben oltre i confini del noto.
L'elemento fantastico appare sin dall'inizio, prevalentemente associato alla speranza di fare scoperte mirabolanti, poi però si affacciano pericoli e ostacoli altrettanto sovrumani che mettono a rischio la vita stessa degli eroi di turno.
Molte volte, i protagonisti hanno uno scopo sin dalla partenza, altre volte si trovano catapultati in paesi inimmaginabili per puro caso e solo viaggiando riescono a capire che cosa fare per uscirne e tornare a casa.
Il completamento del viaggio quasi sempre coincide con l'apprendimento di qualche importante lezione da parte dei protagonisti, sulla vita o sulla loro stessa persona.
Come si sviluppa la trama del viaggio?
Nel mezzo del cammin di nostra vita...
Il 24 maggio 1863 era domenica...
Alice cominciava a sentirsi assai stanca di sedere sul poggetto accanto a sua sorella...
C'era una volta... - Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
Riconosci questi incipit?
Sono le prime parole rispettivamente di Odissea, Commedia, Viaggio al centro della terra, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Le avventure di Pinocchio - Storia di un burattino.
Che cosa hanno in comune queste pietre miliari della letteratura?
Qualcosa che da sempre attrae gli esseri umani: la possibilità di viaggiare e ritrovarsi in un altro mondo, tutto da esplorare.
Ho deciso di parlare della trama del viaggio perché anch'essa come la precedente - la minaccia - è strettamente legata agli esordi del genere umano sul pianeta.
Prima di diventare stanziali, infatti, gli uomini ce ne hanno messo di tempo a convincersi, e anche quando hanno sviluppato le prime grandi civiltà, la necessità di mettersi in marcia, per terra e per mare, ha continuato ad animare i nostri spiriti, tanto che l'ultima grande epopea dell'esplorazione, cioè la conquista dell'Ovest nordamericano, non è poi così remota.
La trama del viaggio è molto usata nella letteratura per ragazzi perché quasi sempre implica l'attraversamento di paesaggi irreali, spesso magici, e comunque ben oltre i confini del noto.
L'elemento fantastico appare sin dall'inizio, prevalentemente associato alla speranza di fare scoperte mirabolanti, poi però si affacciano pericoli e ostacoli altrettanto sovrumani che mettono a rischio la vita stessa degli eroi di turno.
Molte volte, i protagonisti hanno uno scopo sin dalla partenza, altre volte si trovano catapultati in paesi inimmaginabili per puro caso e solo viaggiando riescono a capire che cosa fare per uscirne e tornare a casa.
Il completamento del viaggio quasi sempre coincide con l'apprendimento di qualche importante lezione da parte dei protagonisti, sulla vita o sulla loro stessa persona.
Come si sviluppa la trama del viaggio?
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sabato 4 maggio 2013
Quando la poesia aiuta la prosa
Per chi scrive racconti, può essere molto salutare cimentarsi con altre forme di scrittura.
Questo consente di spaziare in campi sconosciuti e soprattutto di scoprire nuovi utili elementi da mutuare da altri generi letterari.
Sperimentare la scrittura poetica, in particolare, vuol dire (ri)scoprire le possibilità di giocare col linguaggio, l'importanza di lasciare più libertà al nostro estro, la cura estrema nel ripulire il testo prima di darlo in pasto ai lettori.
Ecco quattro piccoli insegnamenti che dalla poesia possiamo trasferire alla prosa, e rimettere in gioco la nostra passione.
Questo consente di spaziare in campi sconosciuti e soprattutto di scoprire nuovi utili elementi da mutuare da altri generi letterari.
Sperimentare la scrittura poetica, in particolare, vuol dire (ri)scoprire le possibilità di giocare col linguaggio, l'importanza di lasciare più libertà al nostro estro, la cura estrema nel ripulire il testo prima di darlo in pasto ai lettori.
Ecco quattro piccoli insegnamenti che dalla poesia possiamo trasferire alla prosa, e rimettere in gioco la nostra passione.
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domenica 22 luglio 2012
Cito, quindi sbaglio
La logica di questo titolo non ti sembra proprio stringente?
Eppure è vera, al di là dell'apparenza.
La memoria delle persone, e quel grande archivio che è la rete, brulicano di frasi, detti, citazioni estrapolate da opere letterarie che in realtà o non hanno mai visto la luce, nella forma in cui sono divulgate, o sono attribuite erroneamente.
Per esempio, da quando sono su Facebook ho ricevuto già, negli aggiornamenti, decine e decine di slides con la frase Lentamente muore eccetera firmata nientemeno che da Pablo Neruda, come ho visto nell'omonimo tronco a Smerillo dove addirittura c'è scritto 2004 come data di morte, cioè ben trentun'anni dopo quella effettiva.
Eppure, si tratta di versi scritti da Martha Medeiros nel 2000 e il titolo del testo originale è A Morte Devagar.
Il caso forse più famoso in assoluto di falsa citazione letteraria è l'emblematico elementare Watson, che Arthur Conan Doyle non ha mai e poi mai messo in bocca a Sherlock Holmes, e che forse derivano da una trasposizione cinematografica delle avventure del detective.
Fin qui, però, possiamo anche comprendere le sviste: si tratta di testi di autori stranieri, nei quali vanno sempre implicati problemi di traduzione e trasmissione, e alla fine risulta difficile capire come sia accaduto e soprattutto come si sia arrivati all'errore d'attribuzione.
Ma che dire delle false citazioni del nostro massimo poeta?
Eppure è vera, al di là dell'apparenza.
La memoria delle persone, e quel grande archivio che è la rete, brulicano di frasi, detti, citazioni estrapolate da opere letterarie che in realtà o non hanno mai visto la luce, nella forma in cui sono divulgate, o sono attribuite erroneamente.
Per esempio, da quando sono su Facebook ho ricevuto già, negli aggiornamenti, decine e decine di slides con la frase Lentamente muore eccetera firmata nientemeno che da Pablo Neruda, come ho visto nell'omonimo tronco a Smerillo dove addirittura c'è scritto 2004 come data di morte, cioè ben trentun'anni dopo quella effettiva.
Eppure, si tratta di versi scritti da Martha Medeiros nel 2000 e il titolo del testo originale è A Morte Devagar.
Il caso forse più famoso in assoluto di falsa citazione letteraria è l'emblematico elementare Watson, che Arthur Conan Doyle non ha mai e poi mai messo in bocca a Sherlock Holmes, e che forse derivano da una trasposizione cinematografica delle avventure del detective.
Fin qui, però, possiamo anche comprendere le sviste: si tratta di testi di autori stranieri, nei quali vanno sempre implicati problemi di traduzione e trasmissione, e alla fine risulta difficile capire come sia accaduto e soprattutto come si sia arrivati all'errore d'attribuzione.
Ma che dire delle false citazioni del nostro massimo poeta?
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venerdì 4 maggio 2012
Riscrivere una storia già scritta: lo fa anche Woody
Chi ha visto To Rome with Love di Woody Allen e ama il cinema italiano si sarà accorto del tripudio di citazioni con cui il cineasta americano ha infarcito il film, per trasmettere il suo amore per l'Italia e per epoche ormai archiviate.
Dal vigile narratore - il cinema dei cinquanta e sessanta in Italia spesso si apriva con questa soluzione - all'incontro fatale sulla scalinata di Trinità dei Monti in stile Vacanze romane, dal look di Alec Baldwin con capigliatura da divo dei fifties al clone della Loren nel corpo di Penelope Cruz, trapianto che era già riuscito ad Almodóvar in Volver, fino all'Italia paese del bel canto - solo all'estero ormai ci pensano così - e delle agenzie funebri dietro le quali negli Stati Uniti si celano i clan mafiosi, è veramente un carrozzone di messaggi.
Se però tutte queste citazioni sono come flash sparsi, ce n'è una su cui s'impernia un terzo del film: la riscrittura del plot de Lo sceicco bianco di Fellini, al quale Allen aveva già reso omaggio con Sturdust Memories.
Dal vigile narratore - il cinema dei cinquanta e sessanta in Italia spesso si apriva con questa soluzione - all'incontro fatale sulla scalinata di Trinità dei Monti in stile Vacanze romane, dal look di Alec Baldwin con capigliatura da divo dei fifties al clone della Loren nel corpo di Penelope Cruz, trapianto che era già riuscito ad Almodóvar in Volver, fino all'Italia paese del bel canto - solo all'estero ormai ci pensano così - e delle agenzie funebri dietro le quali negli Stati Uniti si celano i clan mafiosi, è veramente un carrozzone di messaggi.
Se però tutte queste citazioni sono come flash sparsi, ce n'è una su cui s'impernia un terzo del film: la riscrittura del plot de Lo sceicco bianco di Fellini, al quale Allen aveva già reso omaggio con Sturdust Memories.
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venerdì 4 febbraio 2011
Una storia, tanti significati
Ascoltare una storia, o leggerla, o magari vederla in un film: difficilissimo trovare qualcuno non disposto a usare due ore della sua vita per svolgere quest'attività.
Ma di chi è il merito?
Delle storie, certo.
Ma non perché le storie abbiano conseguenze nella vita pratica delle persone (non è da escludere, ma non è un evento né frequente né basilare).
Al lettore (come all'ascoltatore o allo spettatore) piace una storia che gli parli di sé.
È questo che cerca: riconoscersi in quelle pagine, in quelle parole, in quei fotogrammi.
Le persone, a volte, credono davvero che con quella storia tu parli di loro, ci metterebbero la mano sul fuoco.
Per questo, due o più persone che abbiano letto, ascoltato o visto la stessa storia riescono a darne versioni completamente differenti.
Ma di chi è il merito?
Delle storie, certo.
Ma non perché le storie abbiano conseguenze nella vita pratica delle persone (non è da escludere, ma non è un evento né frequente né basilare).
Al lettore (come all'ascoltatore o allo spettatore) piace una storia che gli parli di sé.
È questo che cerca: riconoscersi in quelle pagine, in quelle parole, in quei fotogrammi.
Le persone, a volte, credono davvero che con quella storia tu parli di loro, ci metterebbero la mano sul fuoco.
Per questo, due o più persone che abbiano letto, ascoltato o visto la stessa storia riescono a darne versioni completamente differenti.
venerdì 24 settembre 2010
L'Eco delle parole di un Follett
Ieri sera, 23 settembre 2010, il TG1 intervista lo scrittore Ken Follett che con molta nonchalance e con l'inconsapevole lasciapassare della giornalista afferma in sostanza che Umberto Eco è noioso e che lui preferisce Dan Brown.
Ehm...
No, davvero, il boccone mi è andato di traverso.
Può il telegiornale principale della televisione di stato permettere a chicchessia di sparare giudizi sommari e personali senza motivazione, anzi, con motivazione inconsistente - come dimostrerò - senza diritto di replica e senza che l'intervistatrice battesse ciglio, rivelando un pressappochismo che ci fa dubitare dei titoli necessari a svolgere quel lavoro?
Lo so, ho detto tutto subito, ma ora "dipano la matassa".
Ehm...
No, davvero, il boccone mi è andato di traverso.
Può il telegiornale principale della televisione di stato permettere a chicchessia di sparare giudizi sommari e personali senza motivazione, anzi, con motivazione inconsistente - come dimostrerò - senza diritto di replica e senza che l'intervistatrice battesse ciglio, rivelando un pressappochismo che ci fa dubitare dei titoli necessari a svolgere quel lavoro?
Lo so, ho detto tutto subito, ma ora "dipano la matassa".
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