domenica 12 ottobre 2014

Racconto allungato vs. racconto concentrato

Nel mondo degli appassionati di scrittura si sente spesso parlare di una regola, da impartire a tutti i principianti e molto difficile da far rispettare, per chi insegna.

Poiché il narratore inesperto tende a dire i fatti da raccontare, a riferire gli avvenimenti, lo si esorta invece a scrivere in modo da mostrarli, da farli vedere e percepire al lettore, in modo che questi possa da solo - come guardando un film - completare il puzzle della storia nella sua mente.

La regola, o il consiglio se vogliamo, è sostanzialmente giusta, perché è vero che chi muove i primi passi quasi sempre commette l'errore di non scrivere descrivendo con i sensi ma di riferire ciò che avviene, ed è altrettanto vero che qualsiasi brano, reso più specifico grazie all'uso di un linguaggio che mostra le cose, diventa più potente.

domenica 5 ottobre 2014

Smettere di scrivere: incubo, segnale, risorsa

Per tutti gli scrittori arriva questo momento tremendo.

Può giungere a qualsiasi ora del giorno, in circostanze impensabili, oppure può accompagnarti erodendo il tuo cuore per lunghi lassi interminabili di tempo.

Un pensiero, un desiderio, una speranza, una rassegnazione.

Smettere di scrivere.

A volte, gli scrittori, tu, io, non desideriamo altro.

martedì 9 settembre 2014

Scrivere rimanendo sé stessi

Le persone in genere pensano che scrivere sia meraviglioso perché così puoi esprimerti, puoi dar voce ai tuoi pensieri e alle tue emozioni, puoi creare e vivere il tuo spazio creativo.

Esprimerti, i tuoi pensieri e le tue emozioni, il tuo spazio creativo.

Ma siamo poi così sicuri che la mente e il cuore che in quel momento stanno scrivendo siano veramente nostri?

Come possiamo fare per mettere veramente noi stessi in ciò che scriviamo, ed evitare le trappole che ci portano a scrivere come fossimo posseduti da qualcun altro?

Cerchiamo di capire quando non siamo noi stessi, e in che modo non lo siamo.

lunedì 14 luglio 2014

Come scrivere un racconto che ipnotizza

Non so se credi all'ipnosi o la ritieni una totale presa per i fondelli, dove sedicenti possessori di fluido recitano - male - l'atto di condizionare finte cavie - amici di vecchia data - che diventano automi nelle loro mani.

Non voglio entrare nel merito della questione, ma di una cosa sono sicuro: la suggestione esiste, ci condiziona, e soprattutto la usiamo costantemente.

Cerchiamo tutti di influenzarci a vicenda per far andare le cose come ci piace che vadano.

Ci sono poi ambiti nei quali la suggestione è pane quotidiano, come l'intrattenimento, la comunicazione e ovviamente la scrittura.

Come nell'ipnosi, nella quale dopo il fatidico a me gli occhi tutto diventa possibile, anche per ipnotizzare il lettore con il tuo racconto tutto dipende dall'inizio.

Che cosa devi fare, dunque, per calamitare gli occhi e la mente di chi legge con le prime pagine della tua storia?

martedì 8 luglio 2014

Scrivere un dialogo: non sono solo parole...

Quando due o più personaggi di una storia parlano tra loro, che cosa succede esattamente?

Si può pensare, con semplicità, che stiano solo parlando.

Ed è vero, ma per il lettore che li osserva, anzi, li ascolta, le cose sono leggermente diverse.

Dai loro scambi il lettore vive un'esperienza particolare.

Ho da poco finito di revisionare dei racconti per una raccolta di esordienti, e con sorpresa - o senza, dovrei dire - ho constatato che il maggior numero di punti deboli erano nei dialoghi.

E che il dialogo sia un banco di prova tremendo lo dimostra la leggenda per la quale l'editor della casa editrice, di solito, per scremare la miriade di manoscritti che gli arriva, ne prende alcuni a caso e li giudica esclusivamente da una pagina di dialogo.

La domanda è: quali scarterà e quali conserverà, e soprattutto perché?

sabato 28 giugno 2014

Preferiresti... scrivere?

Preferiresti mangiare un vermiciattolo insieme ai tuoi spaghetti o vedere che da essi volano via dei moscerini prima di mangiarli?

Preferiresti essere figlio unico o essere l'ultimo di dieci fratelli?

Preferiresti un matrimonio che dura tutta la vita ma con molte corna o rimanere vedovo/a e risposarti più volte?

Preferiresti volare come Superman o correre veloce come Flash?

Il gioco del preferiresti fa impazzire i bambini - non proprio quelli piccolissimi, eh? - ma può avere risvolti inattesi anche per i più grandi.

Soprattutto se le domande vanno a toccare ciò che più sta a cuore a chi dovrà rispondere.

Vale anche per gli scrittori, certo.

Ed ecco qualche domanda per te, che ami  scrivere, in perfetto stile preferiresti, che forse ti farà riflettere su come vivi la tua passione per la scrittura.

lunedì 2 giugno 2014

Non nominare i tuoi personaggi invano

Quando leggo racconti e romanzi da revisionare, mi incuriosisce sempre moltissimo il fatto che alcuni autori spendano parte delle loro energie creative nell'inventare e assegnare nome e cognome a tutti, ma proprio tutti, i personaggi del loro lavoro.

Ma quanto conta battezzare in modo completo i personaggi di una storia?

Sicuramente, l'assegnazione di un nome conferisce un grado di importanza maggiore, proprio perché il lettore nota la differenza con altre figure di passaggio: sapere che a quel personaggio sono stati dati nome e cognome fa sospettare al lettore che l'autore voglia si presti più attenzione a colui o colei dei quali si narra.

Proprio perché il lettore intende l'assegnazione del nome come un comando implicito da parte dello scrittore, avere troppi personaggi dotati di precisa anagrafe rischia di creare confusione nella memoria di chi legge.

Come possiamo capire quando e come identificare con nome e cognome un personaggio?

venerdì 25 aprile 2014

Verità da scrivere per una scrittura vera

Quanto è vera la scrittura narrativa?

Che cosa intendiamo per verità di un racconto o di un romanzo?

E come fa uno scrittore a mettere verità nel suo lavoro?

mercoledì 16 aprile 2014

Di che cosa parla il tuo romanzo?

Ci sono diversi modi di rispondere  a questa domanda.

Alcuni diranno che sono partiti da un'idea, ma quanto se ne siano allontanati o quanto l'hanno elaborata modificandola?

Altri potrebbero rispondere di aver visto il loro personaggio, e questa visione ha ispirato la vicenda, ma dire che un romanzo parla di un personaggio sarebbe quasi tautologico.

Altri ancora magari penserebbero alle situazioni che si vengono a creare tra i personaggi, o agli ambienti e ai paesaggi nei quali si dipana la vicenda, lasciando ancora inevasa la domanda.

Di che cosa, dunque, parla, 'sto benedetto romanzo?

Di un tema, che potremmo chiamare anche argomento, idea centrale o concetto.

Anzi, di solito si definisce il tema come l'idea fondamentale attorno alla quale ruota la vicenda.

Ma le idee sono di diverso tipo, e questa definizione non è né specifica per il lettore né utile all'autore quando ne deve scrivere.

Di solito, questa idea di tema corrisponde a concetti come la giustizia, la morte, l'amore.

Di che cosa parla? D'amore, e così faremmo rientrare in un'unica categoria romanzi diversi se non addirittura contraddittori.

sabato 12 aprile 2014

Un racconto da dipingere

Dev'essere stato bello fare il pittore a Parigi alla fine del XIX secolo, in mezzo a Monet, Degas, Renoir e a tutto il meraviglioso fermento che ha cambiato per sempre l'arte e la cultura occidentale.

Dormi profondamente, dopo una notte passata a discutere, litigare e commuoversi con i colleghi artisti, o a cercare sollievo in dolci compagnie femminili, poi vai in giro al mattino a fare schizzi, sedendo al caffè, o appoggiandoti a qualche muretto ai bordi della Senna, e al pomeriggio ti chiudi nel tuo studio, con la tela e i colori a olio che asciugano lentamente e ti permettono di sudarci sopra con mille ritocchi, finché arriva la sera e ti senti esausto per aver dato fondo a tutta la tua creatività, ma pronto a una nuova notte da artista.

Ma la cosa più affascinante di questa fantasia è il parallelo tra la pittura e la scrittura, soprattutto nel processo creativo e produttivo.

Che cosa possiamo imparare da questo immaginario pittore impressionista e portarci nel nostro mondo reale di scrittori?

domenica 23 marzo 2014

Scrivere storie: quale marcia inserisci?

Ci sono momenti nei quali la scrittura sembra emergere direttamente dalle nostre profondità.

Sgorga, come guidata da una forza più grande di noi.

In altri momenti, ci accorgiamo che ogni parola ha bisogno di essere soppesata, e che comporre una frase è un processo lungo e minuzioso.

La scrittura in quel momento vuole la nostra cura, la nostra attenta dedizione.

Se scrivi ti sarà capitato di vivere questi due stati differenti.

Sono come due marce nel motore del tuo scrivere.

La prima è una marcia veloce, scattante, la scrittura è su di giri e tu la lasci andare come lasci andare in quinta la macchina su un bel rettilineo sgombro.

La seconda è una marcia lenta, potente, la scrittura si sposta piano, parola dopo parola, frase dopo frase, come si sposta l'auto in un parcheggio affollato attenti a non urtare nessuno.

Fin qui nulla di nuovo.

E forse ti sarà capitato anche di sbagliare l'innesto della marcia.

Quando per errore ti entra una marcia inadeguata senti subito il motore impazzire e l'auto arrancare.

Allo stesso modo, ti sarà successo di provare a buttar giù una pagina e perderti invece dietro ogni sillaba, o al contrario, di voler scegliere le parole giuste senza riuscire a far soffermare gli occhi, la mente e la mano.

In quei momenti, hai solo innestato la marcia sbagliata.

domenica 9 marzo 2014

Revisionare bene un testo

Come si fa a scrivere un racconto capace di far commuovere il lettore?

Come si fa a raccontare una storia che raggeli il sangue nelle vene, che faccia esplodere l'immaginazione di chi legge, che si levi dalle pagine come un canto?

La domanda è suggestiva, ma contiene un errore che sfugge a prima vista.

Nessuno può scrivere una cosa simile, commovente, raggelante, esplosiva o musicale.

È possibile però che qualcuno possa revisionare qualcosa del genere, se il testo che revisiona glielo permetterà.

Chiariamo subito due concetti importantissimi.

La scrittura è per almeno due terzi ri-scrittura, quindi revisione, editing, aggiustamenti, correzioni, cancellature, rifacimenti, rielaborazioni, e tanti altri ri in diverse forme.

Per fare una buona revisione narrativa, prima del talento, della sensibilità, dell'esperienza, della creatività e di tutte le altre facoltà mentali, ci vuole resistenza.

La tua mente cercherà subito di dirti che va bene così, che non è il caso di revisionare ancora, che hai già cambiato tutto ciò che c'era da cambiare.

Perché la tua mente è impregnata di insicurezza, e preferisce evitare la penosa esperienza di dover ammettere che quelle parole sono da togliere, quelle altre sono da sostituire, quelle altre ancora chissà come ti sono venute in mente.

La revisione, l'editing, è una pratica indispensabile che però lascia esausti.

Un lavoro che ti spezza le ossa, se lo fai sui testi altrui, e che può indebolire la fiducia in te se lo fai suoi tuoi testi.

Però, se riesci a non mollare, arriva il momento in cui l'editing davvero migliora quel testo, davvero lo porta a un livello superiore, davvero te lo fa immaginare già davanti a un lettore pienamente soddisfatto.

Così capisci che non puoi esimerti da questa responsabilità, se vuoi davvero commuovere, raggelare, far esplodere o incantare i lettori.

Un lavoro duro, frase per frase, a cesellarne la forma, a raccogliere la polvere e decidere quanta riutilizzarne e quanta buttarne via.

Un lavoro estremamente gratificante, che ti dimostra quanto sia vero che l'arte si estrae togliendo il superfluo e non aggiungendo materia.

Ma come puoi iniziare a farlo in modo efficace e senza troppa fatica?

sabato 8 febbraio 2014

Lo scheletro nell'armadio

A chi non è capitato?

Pensi di conoscere qualcuno, e poi bum!, questa persona ti rivela qualcosa di sé che ti fa barcollare, ti spiazza, ti fa impressione.

Quando racconto che da bambino entravo a rubare ai grandi magazzini e poi montavo una bancarella per strada e rivendevo il bottino, effettivamente mi guardano un po' strano.

Per fortuna poi ridono quando aggiungo che successivamente fui beccato e la cinquina che mi diede la guardia me la ricordo ancora.

Questa è poco più che una bambinata, ma crescendo può succedere di incappare in qualche azione fortemente contraddittoria che per qualche motivo si decide di tenere nascosta, finché però le circostanze portano a rivelarla a qualcun altro, e questo qualcun altro può uscirne piuttosto sconvolto.

Rimasi fortemente turbato quando mi raccontarono che la prima figlia di una mia parente era frutto di una relazione che la donna aveva avuto con uno straniero che poi l'aveva abbandonata, e mi sembrò all'improvviso di scorgere con cognizione tutte le differenze fisiche e caratteriali tra questa figlia e le altre che lei ebbe in seguito, differenze che fino a quel momento attribuivo alla pura casualità.

Ora, chiunque legga un romanzo in qualche modo cerca di vivere quest'esperienza di turbamento, di stupore, di spiazzamento nello scoprire la vita dei personaggi e poi nel constatare che non tutto è come sembra, che anche gli eroi di una storia possono avere degli scheletri nell'armadio, e che la rivelazione sarà shockante.

Perciò gli scrittori possono e devono sfruttare questa possibilità che è nello stesso tempo una responsabilità, il dominio del mondo interiore dei personaggi, dal quale estrarre il segreto che sconvolgerà i lettori.

Qual è la spiegazione dietro a certi comportamenti singolari, alle manie, alle preoccupazioni, ai rituali e alle paure del tuo personaggio?

Dare al tuo protagonista un segreto da portare e magari da condividere lo renderà più umano, reale ed efficace.

Come fare?

domenica 12 gennaio 2014

Dal capitale umano a quello narrativo


 Che Il capitale umano sia il più bel film di Paolo Virzì si fa presto a riconoscerlo.

La bravura di Virzì, sin da La bella vita, è sempre stata quella di far detonare la natura tutta italiana del commediante con le mostruosità della nostra società civile.

Immagino che Virzì, leggendo Il capitale umano di Amidon Stephen, abbia tirato un sospiro di sollievo, trovando una storia che si adattava perfettamente all'immaginaria Brianza e alla molto realistica Italia degli ultimi tre o quattro anni.

Il film però fa centro nell'attenzione dello spettatore grazie soprattutto alla sua struttura, senza la quale potrebbe sembrare un semplice affresco di caratteri, magistralmente incarnati da un cast in stato di grazia assoluto.

Il 50 % dell'efficacia comunicativa del film sta nella sua struttura in capitoli.

Ed è per questo che ne parlo qui, dove di solito scrivo di narrativa.

Il film è una lezione di scrittura, sia in termini compositivi che di stesura.