sabato 12 settembre 2015

Scrittori solitari o compagni di scrittura?

Quando immagini uno scrittore, che cosa vedi?

Anzi.

Prova a chiedere a Google che cos'è uno scrittore, usando la categoria immagini...

Uno scrive semisdraiato su un tavolino di fortuna, l'altro si regge una testa che appare gravosissima, il terzo lavora addirittura in condizioni di luce pessime come dimostra l'ombra e il quarto addirittura scrive per terra tra fogli sparsi.

Il tutto costellato di tazze di caffè semivuote, pallottole di fogli accartocciati e buttati qua e là e le immancabili sigarette ad affumicare la condizione dello scrittore.

Come se non bastasse, c'è un'altra caratteristica, fondamentale, che non trovi nelle foto perché la si ricava non da ciò che si vede ma da ciò che manca.

E che cosa manca?

Mancano le persone.

Lo scrittore, nella nostra immaginazione e nel campionario fornito da parecchie fonti, è solitario.

E come potrebbe essere altrimenti, visto che la scrittura e l'arte in genere sono (erroneamente) concepite come un parto doloroso e tormentato del mondo interiore dello scrittore o dell'artista che, facendo i conti con i suoi fantasmi, alla fine li condensa in uno scritto o in un'opera eccezionale?

Se tutte le opere eccezionali siano tali grazie alla solitudine dello scrittore, non possiamo dirlo.

Ma se anche lo fossero, da un punto di vista logico resterebbe comunque un non sequitur: se novantanove capolavori nascono da scrittori solitari, il centesimo potrebbe arrivare da uno scrittore pieno di amici e colleghi con i quali condivide la sua arte costantemente.

Poi c'entra la voglia di romanticismo e la capacità tutta umana di mettere a tacere le informazioni contraddittorie: in realtà grandi periodi artistici e letterari coincidono con altrettanto grandi collaborazioni, scambi, di tipo competitivo o amichevole, dall'Umanesimo alle Accademie, fino ad arrivare alla Parigi della Lost Generation, tanto per dire.

Insomma, vuoi vedere che - al di là della figurina maledetta dello scrittore solitario - anche avere compagni di scrittura ha i suoi bei vantaggi?

mercoledì 29 luglio 2015

Dai, scriviamo una storia adesso!

Un titolo da pazzi, lo so.

Se davvero fosse così facile, io per primo non sarei qui, dato che chi viene a leggere questi post lo fa proprio perché ha riscontrato che scrivere una storia non è affatto una passeggiata.

Ma io prendo l'impegno di aiutarti a scrivere molto seriamente, e stavolta mi sento di azzardare che con quello che ti indicherò in questo post tu riuscirai a portare a termine ciò che di solito ti affatica da morire e che di rado vede la luce: creare un racconto.

Parlo ovviamente di un racconto breve, perché la forma del romanzo non si addice all'adesso, ma ha bisogno di sedimentare.

Ma una storia breve sì, quella mi sento di dirti che in una giornata ce la possiamo fare a sfornarla.

Ti sembra troppo poco?

Hai ragione, sto usando un trucchetto persuasivo, di quelli che usano i comunicatori.

Perché una giornata è fatta di ventiquattr'ore, e io intendo questo: scrivere una storia breve in ventiquattr'ore.

Ma so che difficilmente rinunceresti a interromperle per rifocillarti e dormire il giusto, e anch'io non rinuncerei a queste necessità.

Ventiquattr'ore per scriverla, dunque, poi se ce la metti tutta a ridurre per un giorno e mezzo/due tutte le altre distrazioni, in un massimo di settandadue ore ci siamo.

Lo so, settantadue ore non sono proprio un adesso, ma mettile a confronto con i tuoi tanti mai delle tue tante storie nel cassetto che non sono arrivate alle ultime pagine.

Perciò, se hai questo tempo a disposizione, se hai almeno un'ideuzza di base - a proposito, prova a vedere se la trovi leggendo qui - e se soprattutto hai l'occorrente per scrivere, possiamo cominciare.

domenica 3 maggio 2015

Io cito, tu citi, egli cita ma non sta attento agli errori!

Egli cita, volendo anche nel senso di Cheeta, la scimmia del Tarzan hollywoodiano, perché a volte le citazioni sono usate con lo stesso sproposito con il quale le utilizzerebbero forse i primati.

Stamattina mi arriva via mail la proposta di inserire un widget nei miei blog che pubblichi automaticamente aforismi e citazioni in linea con i temi che tratto, così i miei lettori saranno piacevolmente stimolati da frasi celebri e autorevoli che terranno vivo il loro interesse.

L'idea che una macchina, identificando l'uguaglianza delle parole, possa citare mi lascia in sospeso tra il sorriso amaro e lo sconcerto raggelante.

Sebbene la citazione in letteratura narrativa sia usata solo come compendio alla narrazione, ne parlo qui - e non nell'altro mio blog - perché citare è nella sua essenza un'operazione letteraria, non informativa.

La vera citazione dovrebbe sempre nascere spontaneamente da un'associazione di idee nella mente di colui che cita, cioè estrapola dal suo bagaglio di memorie di lettura estratti che in qualche modo hanno a che fare con un tema di cui si sta occupando nel momento stesso in cui cita.

Invece, la citazione diventa presto una sorta di gettone per far scattare l'ammirazione altrui, un distintivo di conoscitore, una patente di dotto che impressiona senza tuttavia lasciar vedere dietro che cosa c'è realmente, un po' come fa un flash.

Se usata con parsimonia e consapevolezza, la citazione nei testi informativi è in grado di arricchirli e portarli ad altro livello, e io stesso ne ho più volte consigliato l'utilizzo.

Se però è usata senza la conoscenza della materia citata finisce per essere una moina puerile che rivela soltanto il complesso d'inferiorità di chi la fa.

domenica 12 ottobre 2014

Racconto allungato vs. racconto concentrato

Nel mondo degli appassionati di scrittura si sente spesso parlare di una regola, da impartire a tutti i principianti e molto difficile da far rispettare, per chi insegna.

Poiché il narratore inesperto tende a dire i fatti da raccontare, a riferire gli avvenimenti, lo si esorta invece a scrivere in modo da mostrarli, da farli vedere e percepire al lettore, in modo che questi possa da solo - come guardando un film - completare il puzzle della storia nella sua mente.

La regola, o il consiglio se vogliamo, è sostanzialmente giusta, perché è vero che chi muove i primi passi quasi sempre commette l'errore di non scrivere descrivendo con i sensi ma di riferire ciò che avviene, ed è altrettanto vero che qualsiasi brano, reso più specifico grazie all'uso di un linguaggio che mostra le cose, diventa più potente.

domenica 5 ottobre 2014

Smettere di scrivere: incubo, segnale, risorsa

Per tutti gli scrittori arriva questo momento tremendo.

Può giungere a qualsiasi ora del giorno, in circostanze impensabili, oppure può accompagnarti erodendo il tuo cuore per lunghi lassi interminabili di tempo.

Un pensiero, un desiderio, una speranza, una rassegnazione.

Smettere di scrivere.

A volte, gli scrittori, tu, io, non desideriamo altro.