domenica 12 gennaio 2014

Dal capitale umano a quello narrativo


 Che Il capitale umano sia il più bel film di Paolo Virzì si fa presto a riconoscerlo.

La bravura di Virzì, sin da La bella vita, è sempre stata quella di far detonare la natura tutta italiana del commediante con le mostruosità della nostra società civile.

Immagino che Virzì, leggendo Il capitale umano di Amidon Stephen, abbia tirato un sospiro di sollievo, trovando una storia che si adattava perfettamente all'immaginaria Brianza e alla molto realistica Italia degli ultimi tre o quattro anni.

Il film però fa centro nell'attenzione dello spettatore grazie soprattutto alla sua struttura, senza la quale potrebbe sembrare un semplice affresco di caratteri, magistralmente incarnati da un cast in stato di grazia assoluto.

Il 50 % dell'efficacia comunicativa del film sta nella sua struttura in capitoli.

Ed è per questo che ne parlo qui, dove di solito scrivo di narrativa.

Il film è una lezione di scrittura, sia in termini compositivi che di stesura.


Nei tre capitoli del film lo spettatore assiste sempre alla stessa storia, raccontata però con un focus diverso, concentrandosi ora sul meschino immobiliarista, ora sulla repressa signora-bene, ora infine sull'eroica adolescente.

La trama, quindi, ha una durata temporale che equivale a circa un terzo di tutto il film.

Rivedendo la storia già vista, lo spettatore riceve due shock emotivi differenti, che equivalgono al modo in cui il personaggio sul quale si concentra il capitolo vede la sua stessa realtà.

Il primo shock è quello di scoprire che la facciata dei personaggi nasconde sentimenti celati, pensieri contrari all'apparenza, progetti e speranze che tumultano nell'animo del personaggio e faticano a trovare il proprio spazio.

In questo modo, lo spettatore si immedesima nel personaggio e trepida per lui, ora sperando che riesca a realizzarsi, ora temendo che vada tutto a rotoli.

Il secondo shock è la scoperta di pezzi di trama che, negli altri capitoli, e quindi dal punto di vista di un altro personaggio, erano sconosciuti.

Così facendo, Virzì offre la soluzione dell'enigma - perché la storia ha una struttura meramente poliziesca - poco alla volta, rivelando i tasselli necessari a ricomporre il puzzle con grande parsimonia.

Finisce insomma che il film fa fruttare a pieno il suo capitale narrativo, parafrasando il titolo.

La tecnica del narrare di nuovo la stessa storia con occhi differenti provoca sempre nello spettatore o nel lettore un salto emotivo notevole.

Uno degli esempi più lampanti nella storia del cinema, anche recente, è Il sesto senso, e quando nel finale la visuale si sposta all'esterno del protagonista, finalmente vediamo davvero che cosa gli è accaduto e ci viene un colpo.

Nel campo letterario quando penso a questa tecnica mi viene sempre in mente Itaca per sempre di Malerba, con Ulisse e Penelope che raccontano la stessa vicenda dal proprio punto di vista, ed essa magicamente si mostra molto differente per l'uno e per l'altro (una storia, quella di Ulisse, che noi già conosciamo, e la cui rilettura già di per sé ci affascina).

Per tutti quelli che sono sempre a caccia di tecniche, spunti, strategie per scrivere, ci troviamo davanti a una variatio significativa della tecnica di riscrittura, che permette di stendere un intero romanzo con un plot narrativo anche molto ristretto, al quale apportare varianti a ogni giro di riscrittura.

La tecnica funziona non solo in termini di stesura ma anche da un punto di vista compositivo: la riscrittura di una storia da un punto di vista diverso costringe sempre l'autore a creare, a inventare, a sviluppare, ad approfondire.

Se dunque il tuo racconto o il tuo romanzo ti sembra troppo scialbo e piatto, riscrivi la stessa storia usando gli occhi di un altro personaggio: dall'accostamento delle due storie ne verrà fuori una bomba comunicativa.

Se invece la tua storia si è fermata e non sai come proseguire, usa questa tecnica per scoprire nuovi elementi con i quali trovare la soluzione al rompicapo.

E ricorda che non c'è film da vedere o racconto da leggere che non celi un capitale narrativo da sfruttare per la tua scrittura.

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