Quanto è vera la scrittura narrativa?
Che cosa intendiamo per verità di un racconto o di un romanzo?
E come fa uno scrittore a mettere verità nel suo lavoro?
Io racconto vs. Io affermo
Qualsiasi scrittore che metta sul foglio la propria verità dovrà per forza di cose darle forma narrativa, di racconto, e quindi di finzione.
E questo sembra fortemente contraddittorio.
Ma rifletti un attimo su che cosa accade nella scrittura non narrativa, informativa, funzionale.
Scrivere un articolo riportando una notizia vera è un atto che conferisce credibilità a quella verità, tanto che alcune verità che leggiamo nei notiziari a volte appaiono incredibili.
Esistono anche i fabbricanti di bufale giornalistiche, infatti, e quando essi ne costruiscono una non si rifanno al modello narrativo, ma alla cornice, allo stile, alla consuetudine giornalistica che di per sé è segno di credibilità.
Invece, per chi scrive racconti non conta nulla se la storia narrata sia vera o no, conta però che essa abbia sul lettore un effetto di verità.
Verità interna e verità esterna
La verità nella narrativa non sta in ciò che accade nel mondo fisico, ma nell'emozione al di là di ciò che accade.
L'obiettivo del narratore è far sentire qualcosa al lettore, evocare una sua reazione.
Narratore e lettore sentono la verità dentro di loro, una verità interna, che non ha nulla a che fare con la logicità o illogicità dei fatti narrati.
La verità narrativa non è mai esterna, come quella dei fatti, e un lettore potrebbe trovare un racconto non vero e non credibile anche se narra fatti realmente accaduti.
Se la storia narrata sia vera o no è un problema che al narratore non deve interessare.
La verità non conta: viva la verità
La contraddizione continua, e sul suo filo si muovono tutti i narratori.
Nessuno scrittore vuol perdere un lettore: se quest'ultimo dovesse trovare qualcosa di poco credibile nel lavoro di uno scrittore, inevitabilmente se ne allontanerà.
E spesso, a rendere poco credibili i racconti sono proprio i tentativi di farci entrare pezzi del mondo reale, i protagonisti che lavano i panni, che spostano l'auto in doppia fila, ma queste cose, per quanto reali e quotidiane, patrimonio di tutti, non c'entrano nulla con la verità di un racconto.
Quando si scrive una storia si crea un mondo con le sue coordinate, e a quelle il lettore crede e si attiene nel valutare la verità di quella storia.
Se scrivi la tua storia senza deviare da quel mondo e dalla voce con la quale lo hai creato, se rimani coerente con la tua narrazione, allora il lettore non ti tradirà.
E non importa il genere letterario che adotterai, se la tua storia si svolgerà nello spazio o dietro l'angolo di casa tua: la coerenza - persino la coerenza nell'essere incoerenti e assurdi - è una caratteristica essenziale alla verità del tuo racconto.
Il caro, vecchio taccuino
Qualsiasi cosa accada nella nostra vita, riscritta in un racconto, è un potenziale elemento di verità.
Ma dipende dal dove e dal come.
La tua vita è piena di momenti degni di una dimensione narrativa.
Nel tuo passato e nel tuo presente.
Devi solo catturarli, e la trappola per imprigionarli può essere anche solo un semplice taccuino per appunti.
Piccolo, che non lasci scuse per non portarselo dietro.
Scrivici i sogni a occhi aperti, le idee e i se sul futuro, le conversazioni di alto profilo umano alle quali a volte si arriva con le persone con le quali sei in sintonia, le osservazioni su come hai vissuto certe esperienze.
Quando poi ti metterai davanti alla famigerata pagina bianca, rileggi i tuoi appunti e lasciati guidare.
Anzi, mettili in fila, cerca di collegarli, e vedrai sgorgare la verità di un racconto davanti ai tuoi occhi.
Scegli i momenti migliori, quelli nei quali gli avvenimenti del mondo fisico rivelano la loro portata emotiva, il loro significato personale.
Se riuscirai a far entrare il lettore nell'esperienza di un personaggio che sogna, pensa, immagina, riflette, aspira, si abbatte... vive, allora avrai fatto un buon lavoro.
Magnifico resoconto di come rendere credibile una storia vera o finta.
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