Dopo mesi di riflessione e studio del romanzo in questione, sono arrivato alla conclusione che i romanzi a storie parallele sono più rischiosi di quanto possano essere eccitanti.
Il lettore vuole sapere per chi parteggiare: se gli dai due personaggi per cui parteggiare (e nel romanzo di cui parlo erano ben di più) l'impatto emotivo si riduce in proporzione al numero dei protagonisti.
È proprio il caso di dire che 1 + 1 fa 1/2.
Se poi i due protagonisti sono anche nemici le cose si complicano e il lettore va in confusione.
Sarà un bene che la bomba scoppi nell'auto di A? E sarà un male per B se A per puro caso riuscisse a uscire dall'auto?
Questo è proprio un annullarsi a vicenda: 1 - 1 fa 0.
Quasi come guidare pestando acceleratore e freno contemporaneamente: il risultato è una macchina da buttare.
Questa riflessione mette in luce un aspetto importante: il protagonista singolo funziona bene perché il lettore capisce altrettanto bene la parte dalla quale schierarsi.
Quindi, possiamo avere anche più protagonisti, a patto che siano dalla stessa parte e che uno di essi sia un tantino più in luce.
Sperimentare è doveroso, ma sempre nel rispetto del lettore, che ha il diritto di scegliere per chi parteggiare senza confusione.
Sono d'accordo con l'articolo,infatti meglio identificarsi con un solo personaggio o al limite anche senza identificazione tifare per lui (per esempio un malvagio contro altri "cattivi").
RispondiEliminaCi sono poi romanzi,non so quanto riusciti,che non solo alternano i protagonisti ma anche il punto di vista della storia stessa come Chi tocca Hubert muore di Jean Bruce o Avanzi di balera di Franz Krauspenhaar...