Ieri sera, 23 settembre 2010, il TG1 intervista lo scrittore Ken Follett che con molta nonchalance e con l'inconsapevole lasciapassare della giornalista afferma in sostanza che Umberto Eco è noioso e che lui preferisce Dan Brown.
Ehm...
No, davvero, il boccone mi è andato di traverso.
Può il telegiornale principale della televisione di stato permettere a chicchessia di sparare giudizi sommari e personali senza motivazione, anzi, con motivazione inconsistente - come dimostrerò - senza diritto di replica e senza che l'intervistatrice battesse ciglio, rivelando un pressappochismo che ci fa dubitare dei titoli necessari a svolgere quel lavoro?
Lo so, ho detto tutto subito, ma ora "dipano la matassa".
Stiamo parlando di Umberto Eco e Ken Follett.
Stiamo parlando dell'uomo che ha rimesso in piedi il romanzo italiano dopo il buio intellettualistico degli anni settanta, non stiamo parlando di una giovane promessa.
Stiamo parlando dell'uomo più colto del pianeta (credetemi, la sparo meno grossa io, con quest'affermazione, che quel Follett con la sua) e che in quanto a divertimento ha dato lezioni al mondo intero a partire dalla sua tesi di laurea, non stiamo parlando di uno che da trent'anni scrive sempre lo stesso libro.
Dall'altra parte, stiamo parlando di uno che scrive letteratura di genere, tra il poliziesco, il giudiziario e il mistery e il thriller con qualche spruzzata di storia, non stiamo parlando di uno che manda messaggi di alto profilo etico.
Stiamo parlando del più grande venditore di libri da ombrellone, mestiere degnissimo, non stiamo parlando del rivoluzionatore dell'arte narrativa.
Capirei se la critica venisse da un anticonformista, da un artista estroso e stravagante, che giustamente si contrapporrebbe alla poliedrica scrittura di chi come Eco non vuole separare il divertimento dalla conoscenza, e che non ritiene il serio inconciliabile con il piacevole, anche a rischio di essere tacciato di pedanteria.
Capirei se una critica del genere l'avesse fatta Chuck Palahniuk, ma ragazzi, l'ha fatta Ken Follett!
Come se Ferenc Lehár criticasse Wolfgang Amadeus Mozart perché scrive pezzi troppo lunghi, capite?
O come se Perino del Vaga criticasse Raffaello Sanzio perché troppo lezioso.
Critica accettabile se fosse fatta da qualcuno completamente agli antipodi, che so, Mozart criticato da Bob Marley, Raffaello da Jackson Pollock!
Allora sì!
Perché se passa il messaggio che Umberto Eco è noioso siamo alla regressione adolescenziale e diamo legittimità a idee di tipo pueril-studentesco, del tipo che Leopardi è da tagliarsi le vene e Dante Alighieri è una palla mortale.
Ma poi, di cosa parla, 'sto Follett?
Lui dice che al "centro" de Il nome della rosa c'è una descrizione che lo annoia.
Echissene...
Ma non sono tipo da usare il blog come diario, chi mi legge lo sa, per cui fornisco un po' di ciccia.
Al "centro", ossia nel quarto giorno della narrazione de Il nome della rosa non c'è nessuna lunga descrizione.
Primo, perché di parti lunghe che si distaccano dalla trama - l'unica cosa che interessa al nostro Ken - ce ne sono a bizzeffe a partire dall'inizio, tra la descrizione del portale e la disquisizione con l'erborista, per poi proseguire con tutte le informazioni relative al convegno tra i francescani e i delegati del papa.
Secondo, perché queste parti non sono descrizioni, bensì digressioni, ma forse ieri c'è stato un problema di traduzione dall'inglese, questo non lo so.
Terzo, io non so perché mai Ken si annoi, e non lo so perché proprio non m'importa saperlo, non mi pare un'affermazione che cambi la vita né i criteri estetici di nessuno, tuttavia faccio notare che i veri intellettuali anni fa per noia si ammazzavano, quindi abbiamo la prova che Ken non lo è e buon per lui.
Ma il non plus ultra - lo so, avrei potuto dire il top, ma mi va di annoiarvi col latino - è la sua preferenza per Dan Brown.
Ora, peggio del pressappochismo c'è solo l'ignoranza, e Ken non sa che zappa sui piedi si è dato, con quest'affermazione.
Nel 1988, Umberto Eco pubblicò Il pendolo di Foucault che contiene tutto Il Codice da Vinci, uscito negli Stati Uniti quindici anni dopo, più tutte le storie esoteriche trite e ritrite con le quali un noto programma televisivo del secondo canale tenta di ammorbare le coscienze.
E non è uscita una riga sul fatto che l'idea stessa del romanzo di Brown è palesemente identica a quella precedente di Eco.
Io ho sempre sperato di vero cuore che Dan Brown avesse copiato da Eco, perché almeno avrebbe mostrato furbizia, invece sospetto che Dan e il suo amico Ken neanche sappiano che Umberto sta anni luce avanti a loro, il che fa calare un velo di tristezza sulla mia cena di ieri sera, sul TG1, su uno scrittore che merita comunque rispetto e che io ammiro tantissimo per la sua capacità narrativa e dal quale traggo spunti teorici per teorizzare come scrivere.
Perché nella letteratura si può insegnare senz'altro quello che Ken sa fare bene, ossia pianificare la scrittura di un romanzo, fare una seria ricerca storica, strutturare scena per scena, ordire il giusto conflitto e tenerlo sempre acceso, tutto questo si può progettare e quindi trasmettere a qualcuno.
Quello che non si può insegnare - e che Ken infatti non possiede - è ciò che sta oltre il romanzo, la perizia che deriva da una vita da studiosi, mossa da una curiosità sempre viva, dalla capacità di fare connessioni, di affabulare con la conoscenza, di rendere interessante la polvere, di costruire un'esperienza totale per il lettore, che non termina con la chiusura dell'ombrellone.
Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.
Taede, Ken!
Ken Follett è uno scrittore che scrive ogni anno un romanzo storico; Umberto Eco è uno storico che scrive un romanzo (storico anche lui) ogni tanto. Il secondo sarà anche più colto del primo, ma che che spocchia...
RispondiEliminaSono completamente d'accordo con lei: quando uno si sforza di scrivere così tanto è inevitabile che la qualità ne risenta. P.S. Una firma da parte sua sarebbe stata segno di maturità, così invece sa un po' di bussata al citofono con fuga... Cordialmente.
RispondiEliminaHo appena finito The Pillars of the Earth (in originale), godibile, ma credibile quanto una telenovela come un Posto al sole.
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