giovedì 7 ottobre 2010

Il nome del personaggio: un dettaglio "pesante"

Chi scrive narrativa o sceneggiature prima o poi deve scegliere i nomi dei suoi personaggi.

Anche nel caso estremo in cui decida di servirsi di appellativi generici come uomo, o di chiamare i personaggi con dei numeri progressivi, o "battezzi" come uomo senza nome il suo eroe - come hanno fatto Sergio Leone e Clint Eastwood - non avrà eluso la scelta, bensì avrà solo confermato la sua importanza.

Dare il giusto nome al personaggio può avere diverse importanti conseguenze.


Il nome per chi legge
I nomi sono parole.

E le parole corrispondono a idee, immagini.

Se poi queste parole sono nomi di esseri viventi, esse avranno un'immagine nella nostra mente corrispondente alle fattezze di altri esseri viventi che abbiamo conosciuto e che si chiamavano in quel modo.

Un po' come accade per le fisionomie: le simpatie o le antipatie a prima vista quasi sempre sono dovute all'evidente somiglianza che cogliamo in modo inconsapevole tra la persona che stiamo conoscendo adesso e quella conosciuta in passato alla quale somiglia.

Lo stesso per i nomi: ritrovare nomi di conoscenti, o il proprio nome mentre leggiamo spesso ci "scuote".

Inoltre, si crea sempre un rapporto di intertestualità quando un personaggio si chiama col nome di personaggi reali o fittizi molto famosi, ed è chiaro che l'autore sceglie di proposito quel nome, proprio per provocare l'associazione nella mente del lettore.

Perciò, chiamare un personaggio Ulisse o Napoleone farà scattare senza dubbio un collegamento in chi legge.

Il nome per chi scrive
Facciamo un paio di esempi.

Forse non tutti sanno che Achille, l'eroe dell'Iliade, significa senza labbra.

Chi conosce il personaggio omerico sa che questa etimologia ha a che fare in modo diretto con il suo carattere, come dire persona di poche parole (non vuol dire che non abbia il dono dell'eloquenza, come dimostra nella scena dell'ambasceria, quando Ulisse e Nestore gli portano i regali per convincerlo a tornare a combattere, ma l'eloquenza nel mondo antico era un'abilità acquisita e non un tratto della persona).

Il problema non è se Omero abbia scelto o meno questo nome, sia perché il nome e l'eroe corrispondente sono con molta probabilità esistiti prima dei poemi, sia perché la composizione dei poemi ha avuto una gestazione lunga e a più mani.

la questione è un'altra: se io scelgo un certo nome perché "inchioda" il mio personaggio a un modo di essere, questo mi aiuterà a scrivere di lui?

Io non so se per Alessandro Manzoni i nomi - anzi, i cognomi - di Renzo e Lucia siano stati solo una suggestione iniziale.

Personalmente, ritengo di sì: il cognome Tramaglino, oltre a un evidente rapporto con la tessitura - e Renzo fa il tessitore - ha a che fare con l'aspetto picaresco del personaggio che si infila in trame, cioè si caccia nei guai, molto evidente nella prima stesura de I promessi sposi, intitolata Fermo e Lucia; il casato Mondella è un evidente riferimento alla pulizia spirituale di Lucia, anche se il personaggio non si rende protagonista di chissà quali azioni pure, il suo essere monda risulta per contrasto con la sporcizia di Rodrigo e dei suoi alleati.

In ogni caso, se il significato o il contesto del nome che scegliamo ha il potere di suggestionarci e di alimentare la nostra inventiva, ben venga.

Nel mio Il gatto imbalsamato mi sono divertito a chiamare i personaggi Annoiato, Sempliciotto, Losca e così via, mascherandoli con gli equivalenti inglesi Bored, Simpleton, Shady e altri, ma questo espediente mi ha aiutato moltissimo a vederli in azione; nel caso poi dell'assistente del protagonista, un giovane poliziotto zelante e desideroso di mostrare il suo acume, per scherzo l'ho battezzato Holmes...

Non trascurare la scelta consapevole dei nomi da dare ai tuoi personaggi: può essere la chiave per risolvere il tuo romanzo.

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