giovedì 17 febbraio 2011

Storie circolari: nella fine è l'inizio

Qualche anno dopo il disastro jugoslavo, il bellissimo film di Milcho Manchevski, Prima della pioggia raccontava una storia meravigliosa quanto impossibile: tre episodi nei quali il terzo si riallaccia al primo, in barba alle più note leggi fisiche.

Forse non è un caso che nello stesso anno Quentin Tarantino regalasse al mondo quella strana cosa che è Pulp Fiction: anche questa storia gioca con l'intreccio temporale delle vicende dei vari personaggi che si inanellano tra loro in una giostra di rimandi reciproci.

Narrare di solito vuol dire raccontare fatti che si sviluppano nel tempo e il tempo - si sa - non torna indietro.

Eppure nei mondi possibili della narrazione, questo espediente del racconto che ritorna su sé stesso è stato più volte sperimentato con successo.


Tanto per restare nel cinema, un imperdibile esempio è Mulholland Drive di David Lynch nel quale alle complicazioni temporali si aggiungono le deformazioni oniriche della/e protagonista/e.

Ma anche la letteratura annovera esempi interessanti di strutture narrative circolari, riscontrabili nella continua "tensione architettonica" di Borges e prima ancora nel Finnegans Wake di Joyce.

Uno dei migliori risultati però è il mitico Continuità dei parchi di Julio Cortázar, in cui il protagonista si ritrova catapultato nello stesso racconto che sta leggendo.

Per il lettore, il senso di compiutezza produce un piacere puramente intellettuale, forse per questo le storie circolari non piacciono sempre, soprattutto a coloro che invece amano identificarsi con i personaggi.

Di sicuro, per chi scrive, l'esperienza di una struttura narrativa circolare, oltre che una prova di bravura, è un piacevolissimo gioco di raffinatezza.

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