domenica 13 febbraio 2011

Lupus in fabula: come ti disegno il cattivo di turno

Lupus in fabula naturalmente non si riferisce al lupo di Cappuccetto Rosso ma al suo antenato delle favole di Esopo o Fedro.

Certo, quello della povera Cappuccetto Rosso è cattivo forte, tanto che Andersen non se l'è sentita di lasciare la versione di Perrault - in cui il lupo mangia la bambina e vissero felice e sazio lui e digerita e assimilata lei - ma ha tirato fuori dal cilindro il cacciatore (Celentano era ancora in via Gluck).

Però anche il lupo della favola classica tanto simpatico non è, anzi: ha le tipiche caratteristiche di superbia, cupidigia e arroganza che gli attribuiranno fino a tutto il medioevo, Dante compreso quando lo incontra ai piedi del monte insieme alla lonza e al leone (in più quella era una lupa e si sa che le donne ne sanno una più del diavolo).

Dunque il cattivo ci vuole: cosa sarebbe D'Artagnan senza Richelieu o Renzo Tramaglino senza Don Rodrigo?


Nelle storie più semplici, il bene e il male sono "tagliati con l'accetta", e ancora oggi questo tipo di contrapposizione funziona molto bene nelle storie di genere (poliziesco, thriller, fantasy eccetera).

È quando il confine tra queste due entità si confonde che però la letteratura fa un notevole passo avanti: mirabili esempi di come il male inquini il bene ce li ha lasciati Dostoevskij, a partire dal Raskol'nikov di Delitto e castigo che si consuma tra rimorsi di coscienza ed esaltazioni da superuomo.

Ma un altro tipo di commistione tra bene e male che ha avuto grande successo è quella dei personaggi che agiscono male pur risultando in senso lato "buoni": penso a Robin Hood, ad Arsenio Lupin e - perché no? - a Diabolik.

A ben vedere, questi personaggi hanno un ingrediente speciale per piacere così tanto e risultare estremamente ammirevoli.

Sì, è vero, Robin Hood ruba ai ricchi per dare ai poveri - il primo caso di ridistribuzione dei redditi! - e sicuramente le sue imprese avventurose possono esaltare, ma ciò che fa identificare il lettore con il personaggio in questo caso è l'amicizia con i suoi compagni di scorribande, questa loro capacità di creare una microsocietà basata su valori condivisi, che danno senso al vivere: chi non vorrebbe sentirsi parte di una combriccola così affiatata?

Altrettanto vero che Arsenio Lupin con la sua astuzia e i suoi travestimenti diverte e affascina, ma l'identificazione scatta quando il lettore si rende conto dell'ammirazione che egli suscita negli altri: per usare un termine moderno, tutti vorrebbero poter avere l'autostima di Arsenio Lupin.

Infine Diabolik: anche lui non si risparmia in imprese rocambolesche e nell'inventare marchingegni impossibili, ma cos'è che veramente ammiriamo o invidiamo in lui? Lo splendido rapporto d'amore che ha con Eva Kant, basato su una fedeltà e una dedizione totale da lasciarci ogni volta incantati.

Amicizia, autostima, amore: vuoi vedere che alla fine quello che ci interessa in una storia sono i sentimenti?

Se i sentimenti stanno nell'animo del "cattivo di turno", poco importa: quella storia lo coinvolgerà.

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