Ovvero, quanto tempo ci vuole a leggere un romanzo, un racconto, un testo narrativo in genere?
Giro intorno alla domanda, perché mi sono imbattuto nella versione audiolibro di Hanno tutti ragione, il romanzo in cui Paolo Sorrentino amplia l'epopea di Tony Pisapia, il personaggio del suo primo film L'uomo in più, ribattezzato Tony Pagoda, e che quest'anno ha avuto seguito in Tony Pagoda e i suoi amici, tutti per La Feltrinelli.
Spulcio l'indice della confezione, che contiene la lettura del romanzo a opera di chi lo ha incarnato sullo schermo, cioè Toni Servillo, e leggo Durata totale 11 ore e 5 minuti.
La prima riflessione è più che altro un tuffo all'indietro, a quando l'ho letto: quanto tempo ci avrò messo, io?
Non ricordo, ovviamente, e non l'ho letto certo tutto di seguito.
Però azzardo: in sessioni da un'ora, più o meno, avrò avuto bisogno di mettermici almeno una dozzina di volte.
Poi rifletto, quando leggo lo faccio anche in momenti di passaggio, attese di autobus o metro, intervalli, mentre sale il caffè, o come apripista della notte di sonno, tutte occasioni facilmente spezzate dalle circostanze che inducono a mettere via il libro per proseguire in seguito.
Tutte sessioni interrotte, quindi di durata inferiore alla media ipotizzata.
Così, penso che ci saranno volute forse ben più di 11 ore, e avvicinarmi alla ventina mi dà un brivido, m'immagino leggere per ventiquattr'ore di seguito senza interruzione, con una dedizione da amante.
Questa però non è una stima della mia lettura: è condizionata dalla durata della lettura di Servillo, che avrà letto con la sua velocità, col suo ritmo, con le sue pause, con le sue modulazioni.
Con la mia compagna, d'estate, ho la consuetudine di leggerle pagine dei romanzi con i quali mi accompagno, e anche quest'anno ho condiviso con lei una buona metà di Cavie di Palahniuk.
Proprio questo nostro gioco l'ha indotta a farsi prestare l'audiolibro di Sorrentino di cui sopra, perché farsi leggere un libro, dice, è un modo più disteso di conoscere la storia narrata.
Quando leggo per lei, mi rendo conto di ampliare tempi e modi della lettura: cerco di infondere inflessioni, tonalità, provo a creare una rete di attese, e quindi gioco anch'io con pause e rallentamenti, così come con accelerazioni e piccole corse.
Quant'è diversa questa lettura che faccio a lei dalla lettura che risuona nella mia mente quando leggo da solo?
Mi rendo anche conto che nella lettura pubblica, chiamiamola così, mi soffermo di meno sulle peculiarità stilistiche del testo, colgo con meno emozione i luoghi nei quali l'intertestualità, la citazione, lo spessore culturale del testo vengono fuori.
Quando leggo per lei provo piacere nella mia interpretazione da attore, mentre durante la lettura a mente godo di considerazioni più intellettuali, sullo stile, l'originalità, il gioco degli intrecci.
Va da sé che la lettura privata è molto più veloce di quella pubblica, ma non sono sicuro che in definitiva la durata complessiva sia altrettanto inferiore.
In ogni caso, quando non ci è possibile fare queste letture di coppia, io vado avanti con il romanzo, così alla ripresa della lettura per lei devo raccontarle che cosa è successo nel frattempo.
Quindi, si delineano quattro dimensioni:
- l'autolettura, quando leggo nella mia mente
- l'eterolettura, quando leggo per lei
- l'ascolto, la sua esperienza nel sentire dalla mia voce la narrazione
- il riepilogo, nel quale io rielaboro ciò che ho letto affinché lei possa avere le coordinate essenziali per proseguire senza incomprensioni
Senza entrare in complesse questioni semiotiche, anche se il libro è lo stesso, esso si quadruplica e oltre a cambiare nella qualità del contenuto, si modifica anche nella sua estensione.
La domanda ritorna: quanto ci vuole a leggere un romanzo?
E parliamo di romanzo, come lo sono i già citati Cavie (due sessioni da un'ora ciascuna, per circa sette giorni) e Hanno tutti ragione (11 ore e passa con la lettura di Servillo).
E un racconto, quanto durerebbe?
Un romanzo breve, una novella?
Si possono classificare i testi narrativi in base alla loro durata approssimativa?
Non per favorire il malcostume delle nuove generazioni che misurano i libri in pagine, scegliendo quelli che si approssimano allo zero.
Per creare invece un altro elemento che vada a costruire il sistema di attese, nel gioco tra l'autore, che ha inviato al pubblico la sua opera, e il lettore, che si lancia in una nuova avventura conoscitiva.
Servirebbero indicazioni legate al tempo di lettura?
Leggere nella quarta di copertina indicazioni come tempo stimato 26 ore, posologia consigliata 35 minuti 3 volte al giorno?
La copertina del libro come la ricetta di un farmaco benefico, con le istruzioni del medico-scrittore per una lettura sanificante?
In fondo, quando Alessandro Manzoni racconta la frottola del manoscritto trovato per caso, fa considerazioni molto simili a queste: la trama sarebbe interessante, il motivo per leggerla è la conoscenza storica, la lingua però andrebbe radicalmente modificata altrimenti non lo legge nessuno...
Se davvero avesse trovato il manoscritto, avrebbe potuto veramente raccontarne il ritrovamento e tutto il resto.
Avrebbe potuto darci un messaggio meta-testuale e meta-narrativo per aiutarci a inquadrare l'esperienza della lettura imminente.
Non sarebbe forse come ricevere il romanzo direttamente dalle mani dell'autore con le sue raccomandazioni?
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