Non faccio recensioni, perciò, se cito testi è solo perché sono un ottimo esempio per analizzare elementi stilistici o compositivi che ritengo interessanti.
Ho già parlato di quanto possa essere affascinante la scrittura nella scrittura, per questo voglio segnalare il meraviglioso Storie di libri, amati, misteriosi, maledetti a cura di Giovanni Casalegno per la Einaudi, uscito proprio poco tempo fa.
Sebbene esistano molti romanzi in cui i libri sono protagonisti assoluti - da Il nome della rosa che in qualche modo ha risvegliato l'interesse su questo tema, passando per i vari mistery e thriller di variegata fattura, fino al recente Il libro segreto di Dante di Francesco Fioretti - altrettanto numerosi e intriganti sono i racconti sui libri.
Ritengo anzi che il racconto - per sua natura adatto all'esposizione di idee forti, shockanti e spiazzanti - sia ancora più adatto per storie in cui i libri sono al centro di magie, intrighi, follia, amori, tradimenti e altre forme di vicissitudini umane (se t'interessa approfondire la differenza tra racconto e romanzo, leggi questo post).
Storie di libri è preziosissimo anche per l'estrema qualità dei racconti, ognuno dei quali costruito su meccanismi narrativi che ogni scrittore dovrebbe possedere e saper usare a comando.
Da L'uomo che odiava i libri di Kaminsky, la cui fattura rende sublime una trama già ben congegnata, a La maledizione del libro di Chesterton, in cui padre Brown ci da una lezione di semiotica della lettura, dal vertiginoso La Biblioteca Universale di Laßwitz, in cui si calcolano tutti i libri possibili grazie a tutte le combinazioni possibili di lettere sulla pagina, all'apocalittico Fine del mondo del fine di Cortazar, con la scrittura responsabile della fine della società.
Non esiste alcuna altra attività in cui sia possibile parlare del proprio lavoro senza smettere di farlo.
Un medico, uno scienziato, un magistrato, che vogliano spiegare qualcosa sul proprio lavoro, sono costretti a spogliare i panni del proprio mestiere e a trasformarsi in oratori per illustrare le proprie idee dall'esterno.
Solo ai narratori è permesso parlare di sé stessi e dei propri libri senza uscire dalle cornici narrative.
Un privliegio prezioso, da non sprecare.
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