Il saggio parla perché ha qualcosa da dire, il pazzo perché deve dire qualcosa.
Questa frase non è di Platone ma qualcuno in passato si divertì ad attribuirgliela.
A noi interessa il suo senso, e non la paternità certa.
Trasposta al nostro mondo di narratori, la frase spinge a chiedersi: perché raccontare storie?
La risposta è scritta dentro di te, se solo pensi alle storie che conosci.
Le storie attaccate alla tua carne e alle tue ossa, quelle che ti porti dietro da quando le hai sentite, sono quelle che t'insegnano qualcosa.
È la prima ragione per la quale gli uomini inventano storie.
Ogni cultura ha sviluppato storie e musiche, anzi, le due cose nascono insieme, come i grandi poemi del passato, composti con criteri ritmico-musicali.
Non c'è neanche un popolo che non abbia sfornato grandi storie ed epopee.
E sono antiche come gli stessi linguaggi dei popoli.
Non è che prima è nato il linguaggio e poi le storie per usarlo.
Nascono insieme.
Come il volo degli uccelli nasce insieme alle ali, così le storie sono un pezzo di noi stessi.
Le storie sono innanzitutto un ottimo modo per pensare e memorizzare.
Sin dall'antichità i grandi studiosi avevano scoperto che per ritenere nella memoria grandi quantità di nomi o di oggetti bastava legarli in una storia, era sufficiente anche solo immaginare di fare una passeggiata e di imbattersi per qualche ragione inventata - immaginata, appunto - in quei nomi e in quegli oggetti per memorizzarli.
Richiamarli era semplicissimo: non bisognava far altro che rifare mentalmente quella passeggiata, ossia raccontarsi di nuovo quella storia, per ritrovare nomi ed oggetti e mostrare così una memoria prodigiosa.
Da allora, le tecniche per una memoria miracolosa non sono cambiate di una virgola.
Le storie tengono insieme i pensieri.
E insegnano agli uomini come vivere.
Pensa solo alla famosa morale che ogni fiaba contiene.
Pensa alla Bibbia, di solito considerata un testo quasi normativo, essa in realtà non contiene altro che storie che, come mappe per orientarsi nella vita, aiutano l'uomo a fare delle scelte.
Se vuoi insegnare la tenacia e il tener fede a sé stessi, allora c'è la storia di Giobbe che non rinuncia a Dio nonostante le dure prove a cui Satana lo sottopone.
Se vuoi incitare le persone a preservare la dignità di fronte al potere, ecco che la storia di Davide contro Golia ti aiuta.
Se vuoi mettere in guardia dall'eccesso di autosufficienza, la storia della torre di Babele fa per te.
E qui c'è il punto importante: raccontiamo storie per insegnare e imparare qualcosa.
Ma solo se abbiamo davvero qualcosa da insegnare la nostra storia avrà la forza necessaria ad attaccarsi alla carne e alle ossa di chi l'ascolterà.
Questa è la differenza tra il saggio e il pazzo, e anche se Platone non pronunciò mai quella frase, sono certo la conoscesse bene.
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