martedì 28 dicembre 2010
Come scrivere un film (e non solo)
Risposta: basta vedere Happy Family di Gabriele Salvatores, nel quale un divertente Fabio De Luigi veste i panni di Ezio, un autore che pesca a piene mani dalla sua vita i pezzi per comporre il quadro della storia che vuole scrivere.
Un'idea feconda, quella di mettere in scena l'autore stesso nel bel mezzo della sua creazione.
Che io mi ricordi, uno degli esempi più vecchi sta in l'Illusion comique di Pierre Corneille in cui un finto mago, Alcandre, aiuta un giovane a ingannare benevolmente il padre poco fiducioso nei suoi confronti: il padre è convinto di vedere, grazie a una magia, ciò che si svolge in tutt'altro luogo, mentre i "fantasmi" che egli è convinto di vedere sono in realtà persone reali che interpretano la parte di fantasmi.
Si tratta del complesso gioco del teatro nel teatro, in cui i livelli di rappresentazione si accavallano e si mescolano.
La prima grande dimostrazione di quanto possa essere appassionante rappresentare i pensieri di un autore mentre prendono forma ce la diede Luigi Pirandello con la trilogia del teatro nel teatro, composta da Sei personaggi in cerca d'autore (i personaggi si ribellano per il modo in cui gli attori li interpretano e chiedono al capocomico di prendere il loro posto), Ciascuno a suo modo (la vicenda di un'attrice dal comportamento discusso si rivela essere una commedia, ma i protagonisti reali e gli spettatori nello stesso tempo commentano la rappresentazione) e Questa sera si recita a soggetto (prima di andare in scena, attori e regista litigano davanti al pubblico per l'impostazione registica dello spettacolo).
L'effetto di scambio continuo tra il piano della realtà e quello della finzione piace perché fa lo stesso effetto di quei sogni nei quali siamo convinti di essere svegli e che quando ci svegliamo davvero ci lasciano sgomenti.
In anni più recenti, Michael Frayn ha scritto l'esilarante Rumori fuori scena, sempre basata sullo stesso meccanismo, con uno spettacolo teatrale visto durante le prove, alle prime repliche e verso la fine della tournée, visibilmente modificato per i rapporti pessimi tra gli attori.
Lo stratagemma di mescolare i livelli di rappresentazione ha avuto nel cinema ancora più successo, e non c'è regista che non abbia giocato con questo meccanismo o non abbia dedicato almeno una pellicola al suo mestiere di creatore di storie.
Lo fa (citando in ordine sparso) François Truffaut in Effetto notte (vita e lavoro di una troupe alle prese con un film), lo fa Sally Potter in Lezioni di tango (lei prima impara a ballare, poi decide di girarci un film), lo fa Woody Allen in Stardust Memories (la produzione cerca di convincere un regista comico ad alleggerire il suo ultimo film, ritenuto troppo impegnativo, facendogli incontrare tutti i suoi estimatori, alieni compresi), ma soprattutto lo fa da Oscar Federico Fellini in 8 e 1/2, (un regista in crisi creativa cerca di tenere a bada le persone che lo circondano e pian piano le inserisce nell'idea del suo film), non a caso ritenuto da alcuni il miglior film mai girato al mondo.
Mi fa piacere che anche Salvatores non sia stato immune da questa sindrome della storia nella storia (anche se il film è di qualche mese fa e io l'ho visto solo adesso), ma c'è un passaggio che mi sembra molto utile a chiunque voglia scrivere storie.
Quando il protagonista saluta il pubblico, dopo aver raccontato il finale (ossia il finale della storia da lui inventata, non il finale della sua vita), la cinepresa ci mostra uno ad uno gli oggetti sparsi tra mobili e scrivania del personaggio, e noi comprendiamo come la storia sia letteralmente nata da questi oggetti: tanto per fare qualche esempio senza svelare più di tanto, la targa che pubblicizza i massaggi orientali ha dato vita all'esilarante inizio dalla massaggiatrice cinese, il modellino di auto ha fatto nascere l'incontro con sua madre, il libro di ricette di dolci ha generato la vecchia che non sa farli, la foto della pianista ha suggerito il mestiere della protagonista, il quadro con le barche a vela ha fatto nascere lo skipper magistralmente interpretato da Diego Abatantuono, la cartolina da Panama ha deciso il destino finale...
In Happy Family in realtà i livelli non sono solo due (la vita di Ezio e la vita dei personaggi di Ezio) perché Salvatores si diverte anche con le citazioni e le autocitazioni: una scena in cui la protagonista sogna cita direttamente proprio 8 e 1/2 di Fellini, e soprattutto quando Fabrizio Bentivoglio dice di essere stato solo in Marocco, Abatantuono gli chiede se per caso non si siano già visti lì, evidente riferimento al loro film Marrakech Express di quasi vent'anni fa, proprio con la regia di Salvatores.
E in questo modo dovremmo lavorare alle nostre storie: estrarre pezzi di vita vera dalle nostre giornate e da ciò che c'è e accade intorno a noi, e "trapiantarli" nel nostro racconto, così la finzione magicamente inizierà a somigliare alla realtà, per essere tutti come il mago Alcandre.
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