mercoledì 15 dicembre 2010

La difficile arte di far dialogare i personaggi

Poiché le festività natalizie e di fine anno sono vicine, voglio suggerirti di usare le cene, i pranzi, le feste e i ritrovi ai quali molto probabilmente parteciperai per collezionare dialoghi, sui quali poi lavorerai con la procedura che adesso ti illustrerò.

Naturalmente puoi approfittare di qualsiasi occasione festaiola, quindi l'esercizio è perfettamente ripetibile.

Durante l'evento a cui partecipi registra un pezzo di dialogo, non importa se lo scambio ti sembra assurdo, freddo o carico di tensione.

Presta molta attenzione a ciò che è stato detto.

In un momento successivo trascrivilo e trasformalo in una scena.


Partiamo dalla trascrizione: resta semplicemente fedele a ciò che hai sentito.

Per esempio:

Giorgio: mamma!
Lucia: Oh, Giorgio. Meno male che sei qui. Guarda, mi è successa una cosa assurda.
Giorgio: veramente ?
Lucia: (scuote la testa) poi te lo dico, ma è proprio un casino, qui.
Chiara: (avvicinandosi a Giorgio) Oh, guardati. Quasi quasi ti scambiavo per il nonno. (A Lucia) non è uguale a papà ? (a Giorgio) dimmi di Genova.

Da questo dialogo si fa prima a dire cosa non si capisce: ciò dipende dall'assenza del contesto di riferimento.

Poiché si tratta di un dialogo registrato in presa diretta da te, tu sai bene come inquadrarlo.

Ma il gioco è proprio questo: quando le persone parlano non stanno a specificare tutti i riferimenti al contesto che li accomuna.

Anche nei dialoghi dei romanzi è così: lo scrittore fa interagire con meno battute possibili i suoi personaggi, ma si dedica con grande cura a tratteggiare il contesto per consentire al lettore di tradurre tutti i significati.

Per trasformare questo dialogo in una scena puoi letteralmente inventare un contesto nel quale questo scambio acquista un senso.

È in realtà un esercizio di creatività: ricostruire le ragioni che portano questi tre personaggi a parlare in quel modo significa già imbastire una trama.

Aggiungendo una voce narrante, il dialogo potrebbe trasformarsi in questa scena:

Giorgio ebbe solo un momento per guardarsi intorno, prima di incrociare il volto di sua madre. Gli occhi di lei sembrarono luccicare, in un corpo dall'aspetto più vecchio di pochi mesi prima, quando si erano visti a Genova durante le vacanze estive. "Meno male che sei qui", gli disse all'orecchio mentre lo chiudeva in un abbraccio. Poi si staccarono, e lei si atteggiò a donna di casa. "Che casino che c'è" sospirò. "Sembra che i tuoi zii se la stiano spassando."


Prima che egli potesse rispondere, vide sua zia Chiara affrettarsi col viso arrossato. Era la sorella di sua madre, ma era molto più robusta, come se la linea non fosse mai stata un suo problema. E ora con il corpo come un budino tremolante si stava avvicinando a lui. "Oh, guardati" disse, con una strizzata al suo braccio, degna del braccio di una guardia del corpo, e non di uno psichiatra. "Stai proprio diventando come il nonno" sentenziò zia Chiara. Ma lo diceva sempre, perché come il nonno non restava fermo in un posto più di due giorni. Però erano alti e magri allo stesso modo. "Non è uguale a papà ?" chiese la zia, voltandosi verso la sorella, che sorrise d'accordo prima di voltarsi. Il nonno era stato un uomo di grande successo, un milionario dell'epoca in cui un milione era una cifra enorme. Nella loro famiglia, era un grandioso complimento essere paragonati a lui. "Aveva le mani d'oro" sentiva spesso dire alla madre. In ogni cosa intrapresa non aveva mancato di guadagnarci un bel po'.

Potrei andare avanti, revisionare il dialogo, soprattutto per farlo suonare più naturale.

Si potrebbero inserire i legamenti, e usare tutti gli altri stratagemmi.

Ma come vedi, il vero obiettivo non è mimare sulla pagina scritta una chiacchierata reale, bensì centellinare le informazioni che come tante "tessere" permetteranno al lettore di costruire il "mosaico" della storia che hai scritto per lui.

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