Gli uomini comuni guardano le cose nuove con occhio vecchio. L'uomo creativo osserva le cose vecchie con occhio nuovo.
La prima volta che lessi queste parole di Gian Piero Bona rimasi esterrefatto.
A quel tempo pensavo già all’importanza della voce individuale che ognuno di noi possiede e con cui può esprimersi.
Ma pensavo anche al diritto di sentirsi creativi per la capacità di portare una ventata nuova.
Così avevo trovato qualcuno che sapeva esprimere questo concetto meglio di me.
Nei dizionari, creatività viene definita come la capacità di creare e inventare con libera fantasia.
Ma la domanda è: ammesso si riesca a lanciarsi in una libera creazione di fantasia, come facciamo a sapere che stiamo creando qualcosa di buono?
Il mondo degli scrittori è visto come un luogo inospitale, dove regnano rivalità, invidie e soprusi.
Ma il bello è che questa descrizione la danno gli stessi scrittori, esordienti o affermati che siano.
C’è un’idea alla base di questa descrizione del mondo editoriale che voglio discutere.
L’idea che da qualche parte sia scritto che qualcuno ha il diritto o il dovere di giudicare il nostro lavoro.
Questo qualcuno può essere un editore, un critico, un lettore.
Ma l’idea di base non cambia: pensarla così equivale a buttare la nostra fiducia in noi stessi nelle mani di qualcuno e trasformare le sue opinioni in qualcosa di vitale per noi.
Ma non è così che funziona, è solo una trappola.
Il nodo cruciale è questo: se permetti al giudizio e alle valutazioni di qualcun altro di condizionare il tuo lavoro sappi che come scrittore hai già perso in partenza.
Io credo invece che il nostro dovere di scrittori ci imponga di pensare che la nostra creatività individuale è unica e meritevole di rispetto assoluto.
Questo significa scrivere per piacere a noi stessi e appassionarci per il lavoro in sé.
Intendiamoci: non sto dicendo di scrivere qualsiasi baggianata ti passi per la testa e andare in giro a proporla senza nessun timore della reazione degli altri, solo perché hai il diritto di esprimerti.
Non sto neanche raccontando la solita favola che siamo tutti potenziali Nobel o Pulitzer.
Sto parlando invece del diritto di sognare di scrivere una cosa bella, di scoprire il nostro lato artistico, di mettere in atto le nostre potenzialità come scrittori.
E poiché tutti abbiamo una voce unica e inconfondibile, dobbiamo fare di tutto per unirla alla comprensione delle nostre doti artistiche e provare a lasciare il nostro segno, con un libro, con un dipinto, con un discorso, con uno stile di vita…
Ti dirò di più: il dovere di uno scrittore è aspirare a creare il miglior libro di cui è capace.
Devi iniziare da lì: dal desiderio di arrivarci.
Teniamo ben distinti il nostro lavoro e l’eventuale giudizio di valore dato dalle altre persone.
Io penso davvero che tu, come scrittrice/scrittore, abbia una tua voce individuale degna di essere aiutata a uscire allo scoperto, nutrita e fatta crescere.
Ma anche se con me ci fossero altre cento o mille persone a pensare la stessa cosa, a nulla varrebbero i nostri pensieri se in questa voce, la tua voce, non sei tu a crederci.
Denis Diderot faceva notare che
si corre lo stesso rischio a credere troppo che a credere troppo poco.
Quando ho iniziato a lavorare come insegnante di scrittura, nel 2005, scrissi un breve saggio per introdurre ai miei studenti le idee sul lavoro da svolgere insieme.
In quel saggio dicevo:
Ho iniziato a capire che il successo non è solo questione di talento o di impegno massacrante.
È soprattutto una questione di credenza personale, solida come una roccia, capace di farti affrontare l’essere rifiutati a testa alta, perché la nostra definizione come artisti, se valida, dev’essere radicata nel profondo di noi stessi, in quel centro di noi dove nulla e nessuno potrà scuoterla.
È questa auto-definizione a permetterci di essere artisti e di conseguenza a comportarci da tali, con la scrittura, la pittura, la scultura, la musica ecc.
Se non c’è questa credenza, la nostra carriera non durerà a lungo, se mai riuscisse a iniziare.
Senza questa credenza, ogni critica, ogni rifiuto, ogni stupida parola sputata dal primo benpensante di turno rischierà di mandarti in pezzi.
Lo slogan di ogni tuo giorno di scrittura è: qualsiasi tua parola su quella pagina è buona.
Ogni parola che scriverai è un passo del tuo percorso verso il successo.
Se non ti dai il permesso di iniziare a scrivere, per timore di fallire, il tuo contributo allo sviluppo artistico dell’umanità morirà sul nascere.
Perciò ti chiedo questo: datti il permesso di scrivere.
Anche se scriverai male.
Non ci interessa il risultato, ma il percorso per arrivarci.
Una cascata di parole
Puoi scrivere a mano o a macchina o al pc, ma in ogni caso devi munirti di quaderno, o blocco notes, o diario, o fogli con cartelletta, insomma: ti servirà qualcosa per scrivere in qualsiasi momento, soprattutto nei giorni seguenti.
Per oggi va bene anche solo il computer.
Siedi per un’ora con lo scopo di darti il permesso di scrivere in piena libertà.
C’è un unico imperativo: la tua penna sul foglio o le tue dita sulla tastiera devono muoversi continuamente, senza posa.
Non metterti a rileggere quello che scrivi mentre lo stai facendo, non devi farlo.
Voglio solo vederti iniziare a scrivere e continuare per tutto il tempo senza interruzioni.
Se hai già un progetto in corso, scrivi subito il prossimo capitolo o la prossima sezione o le prossime due pagine.
Dipende dal lavoro al quale ti stai dedicando.
Se invece inizi da zero, concediti di scrivere senza freni e inizia pure con queste parole: ecco, ora inizio a scrivere un testo su…
Esplora in piena libertà l’argomento.
- Cosa ti appassiona?
- Quali elementi sembrano già ispirarti?
- Cosa sai su questa storia?
- Qual è il tema?
Anche se le parole di oggi non finiranno nel tuo lavoro definitivo, non importa, perché il tuo solo obiettivo oggi è iniziare.
Attenzione: non fermarti a pensare adesso cosa scrivo?, piuttosto scrivilo!
Scrivi le tue incertezze, i tuoi sentimenti, il tuo imbarazzo, le sensazioni, ma scrivi.
Quando hai finito il tempo, via.
Non rileggere e dedicati a tutto ciò che per scrivere hai dovuto lasciare in sospeso – bollette? Spese? Pulizie? Una bevanda fresca? Una passeggiata? – ma soprattutto tronca sul nascere la tua mente, se vorrà mettersi a giudicare quello che hai appena scritto.
E' vero! Non ci credevo, ma col tempo e con un po' di esercizio ho capito che se si scrive senza rileggere, sull'onda dei pensieri e dell'immaginazione, si è più creativi. Ma, mi chiedo, secondo te la stesura della traccia iniziale (però completa, inizio - svolgimento - fine)di un rumanzo può partire da questo? Cioè potrei, o dovrei, scrivere una "storia lunga" tutta d'impulso per poi riprenderla in mano e aggiustarla in tutti i suoi vari aspetti?
RispondiEliminaCiao, grazie innanzitutto per il commento.
RispondiEliminaCredo che nella scrittura creativa molto dipende dal funzionamento personale: se il tuo ritmo creativo si esprime meglio con delle "ondate" iniziali e poi con una "risacca" più lenta, nella quale dai forma al testo, oppure se come la formichina accumuli pian piano i "granelli" del tuo lavoro.
Non penso ci sia una ricetta o una procedura valida per tutti, ma vale la pena provarle entrambe per trovare il proprio passo.
Ci proverò! Ho scritto rUmanzo e non romanzo, scusa! :)
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