giovedì 16 febbraio 2012

Messaggi in bottiglia nel mare della scrittura



Il mio primo incontro con i messaggi in bottiglia risale alla mia infanzia in compagnia di Pippi Calzelunghe che trova un messaggio di suo padre prigioniero in una delle tante avventure della piccola protagonista.

Ho un altro flash, che salta direttamente ai Police con la loro Message in a bottle, poi - complice un epoca di telecomunicazioni tecnologicamente evolute - più nulla, finché non ho iniziato a interessarmi alla scrittura.

Oggi che sms e mail guizzano a velocità incalcolabile intorno e attraverso di noi, pensare ai messaggi in bottiglia è sufficientemente retrò e romantico da costituire spunto per un nuovo post.


In generale, il messaggio in bottiglia è un testo inviato da qualcuno che ha perso le speranze di rientrare in contatto coi suoi simili e nello stesso tempo spera che qualcuno, prima o poi, rinvenga l'involucro di vetro con le sue parole.

Come puoi notare, già in questa definizione si cela in nuce una possibile storia, anzi, tantissime, come vedremo insieme.

Abbiamo già un personaggio in forte stato di difficoltà o - come si dice in gergo tecnico/letterario - alle prese con un problema: salvarsi.

Il fattore tempo è determinante: l'autore del messaggio, infatti, è alle strette, il che rende lo sviluppo del suo destino ancor più intrigante.

C'è poi qualcuno che, in un altro capo del mondo, rinviene il messaggio che quasi sempre contiene una richesta, un venitemi a salvare o un portate questo messaggio ai miei cari, o semplicemente uno spero che qualcuno voglia leggere la mia storia.

Se tutto questo ti sembra letteratura, hai ragione, e a momenti ti parlerò di come i romanzi hanno usato questo meccanismo.

Ma i messaggi in bottiglia fanno parte davvero della nostra storia e spesso sono stati usati con scopi differenti da quelli elencati finora.

Pare sia stato Teofrasto, discepolo di Aristotele, il primo autore conosciuto di simili messaggi: il suo intento era fare ricerche su come il mar Mediterraneo viene alimentato dall'Oceano Atlantico.

Con scopi simili, Benjamin Franklin buttava bottiglie con messaggi, chiedendo agli ipotetici destinatari di spedirgli informazioni su luoghi e date di rinvenimento, per studiale le correnti.

Sembra che anche Cristoforo Colombo, in un difficile frangente del suo viaggio sulla Nina, vistosi perduto, abbia scritto un messaggio in bottiglia da recapitare alla regina di Spagna ma non risulta sia mai arrivato a destinazione (magari Isabella avrebbe potuto decidere di bloccare qualsiasi spedizione oltre oceano e sarebbe stata tutta un'altra storia...).

Circa un secolo dopo, Elisabetta I d'Inghilterra, nelle sue aspre contese con gli spagnoli, capì che con i messaggi in bottiglia si poteva anche mettere su la prima rete di spionaggio industriale e navale della storia, così addirittura nominò dei raccoglitori ufficiali di messaggi in bottiglia, sorta di sentinelle delle rive e del mare, a caccia di notizie dall'oceano.

Diversi altri sono i messaggi in bottiglia famosi di cui puoi facilmente trovare notizia in rete, ma voglio citarti ancora quello di un prigioniero di Auschwitz, ritrovato durante i lavori in una cantina nei pressi del campo, che data al 1944, con i nomi dei prigionieri ventenni di cui due sopravvissuti, messaggio sospettato anche di falsità,  data l'assenza del mare.

E la letteratura?

Con quali stratagemmi il messaggio in bottiglia fa la sua comparsa nei libri?


In che modo è stato usato dagli autori di racconti e romanzi?

Intanto, dobbiamo distinguere tra due tipologie:

  • romanzi che menzionano messaggi in bottiglia
  • romanzi che si presentano come messaggi in bottiglia


Nella trilogia di Jules Verne che va da I figli del capitano Grant a L'isola misteriosa, passando per Ventimila leghe sotto i mari, i messaggi in bottiglia punteggiano le trame, diventando addirittura un costituente principale nel terzo dei tre romanzi, in cui il ritrovamento di un messaggio porta all'incontro con Ayrton, personaggio del primo romanzo.

È poi la volta di Agatha Christie con i Dieci piccoli indiani: dieci persone, invitate su un'isola, muoiono secondo l'ordine e le modalità contenute in una filastrocca (anche questo stratagemma è stato poi ampiamente riutilizzato da letteratura e cinema) e il colpevole - che non svelo - lascia la sua confessione in una bottiglia, ritrovata da un peschereccio e recapitata a Scotland Yard.

Altre storie invece si raccontano al lettore proponendosi esse stesse come l'ultimo messaggio lasciato dall'autore prima della sua dipartita.

È il caso de Il manoscritto trovato in una bottiglia di Edgar Allan Poe, in cui un uomo colto e scettico ai limiti del pirronismo - come lui stesso si dichiara - vive e ci racconta in diretta la fine tremenda dell'imbarcazione su cui si trova.

Anche Pierre Boulle, con Il pianeta delle scimmie, immagina un navigatore dello spazio che affida a una bottiglia, fluttuante senza peso nel cosmo, il racconto del suo incredibile viaggio, ma il messaggio viene ritrovato da qualcuno che somiglia molto a Cheeta e che lo ritiene troppo intelligente per essere stato scritto da un essere umano.

A volte le scimmie la sanno lunga...

Ti consiglio un giro su www.messaggidalmare.com dove trovi le immagini e il commento a veri messaggi in bottiglia che Roberto Regnoli raccoglie da anni.

Se vuoi commentare, non mandare il tuo messaggio in bottiglia ma usa il form sottostante, mi raccomando...

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