Siamo usciti indenni dall'annunciata fine del mondo.
Eppure, se solo fossimo stati più attenti, il giorno prima della catastrofe preventivata, avremmo colto l'occasione dell'anno, anzi, di tutta la nostra esistenza.
Pensaci per un attimo: che cosa potresti scrivere se sapessi di avere ancora un giorno, uno soltanto, per buttar giù l'ultimo testo della tua vita?
Un pensiero che all'inizio può gettare ancor di più nello sconforto, facendoci piombare nella tremenda sensazione di non sapere davvero che cosa tracciare su quel foglio o quali tasti pigiare.
Gli scrittori sono una razza molto strana.
Prima, osservano il mondo con le lenti di chi vuole comprendere il perché e il percome del comportamento umano, al fine di strutturarlo in un racconto o in una storia.
Poi però qualcosa li frena dallo scrivere direttamente ciò che hanno visto, sentito, percepito, compreso.
A volte sono le distrazioni e gli impegni derivanti dal lavoro, dalla famiglia, o dalla semplice mancanza di tempo, qualsiasi cosa voglia dire.
Altre volte - la maggioranza - è che a pensarci meglio, essi non hanno davvero idea di che cosa scrivere con precisione.
Qualcosa li ha toccati, ma decidono comunque di aspettare che tutto si chiarisca, che la sensazione di incapacità, in contrasto con quella di aver trovato qualcosa che accende l'ispirazione, scompaia per arrivare a una storia ben definita.
Ma c'è dell'altro.
Quando scriviamo di getto, immediatamente dopo aver avuto l'ispirazione, spesso proiettiamo sulla pagina parole e vicende che ci riguardano direttamente.
Ci riconosciamo in maniera maledetta in quelle parole.
E riconosciamo anche i nostri cari, i nostri vicini, i partner, gli amici, chi ci sta intorno.
Riconosciamo i sentimenti provati, gli impulsi ascoltati e magari non assecondati, i molteplici significati dietro le relazioni complesse che intersechiamo con gli altri.
E questo ci spaventa.
Che cosa succederebbe se qualcuno tra le persone coinvolte nel nostro racconto scoprisse, attraverso la lettura, ciò che veramente pensiamo di loro?
In realtà, proprio quando sperimentiamo questa paura, non dobbiamo astenerci dallo scrivere.
Se le emozioni e le ragioni dietro la nostra scrittura sono così potenti, abbiamo il dovere di scrivere.
Solo così potremo creare un canale diretto per far sperimentare al lettore l'esperienza vivida della narrazione.
Che cosa temi di più, nella tua scrittura?
Domani, 24 dicembre 2012, è l'ultimo giorno per cogliere una ghiotta occasione.
Per scrivere come la tradizione c'insegna.
Scrivi una lettera a Babbo Natale.
Nessuno la leggerà, ma sarà la tua occasione per sperimentare la potenza della tua scrittura vera.
Scrivi in questa lettera la storia che non hai mai osato scrivere e raccontala al caro vecchio Babbo.
Più la storia ti sembrerà reale e legata al tuo vero vissuto, più avrai la certezza di scrivere finalmente dispiegando tutta la tua potenza.
Ma per il momento nessuno la leggerà, solo tu e Babbo Natale.
L'unica cosa che ti chiedo è di rileggerla attentamente e di scrivere subito dopo una critica alla tua stessa storia.
Una critica nella quale tu ammetta finalmente tutta la tua capacità di scrivere infondendo emozioni vere nelle tue righe.
E augurandoti che dopo quest'esperienza tu trovi la forza di scrivere, da quel momento in poi, nello stesso modo.
Senza temere più di raccontare ciò che non hai mai narrato, di scrivere ciò che non hai mai scritto.
Buon Natale.
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