Lavoro con i bambini da tanti anni, ma non smetto di stupirmi tutte le volte che una piccoletta di tre anni, ogni giorno, mi porta pietruzze, larve, coccinelle, pezzi di nido caduti dagli alberi, per mostrarmi il tesoro che ha trovato.
Le dita dei bambini tastano e grattano esplorando, tutto li attrae, e corrono e si spostano senza preoccuparsi né del tempo né di uno scopo.
Per non parlare di quando usano il linguaggio e discutono tra loro: toni animati, voci che crescono, domande grondanti meraviglia, accompagnate da facce che si allungano per sottolinearne il senso, e dettagli incredibili che da adulti neanche avremmo notato.
Ecco qualcosa d'interessante: scrivere dalla prospettiva di un bambino.
Ci può spingere a vedere il mondo da un'altra angolatura, ci può far esprimere con più libertà, senza dubitare, senza fermarci a correggere.
Siamo stati bambini, ce ne siamo dimenticati, e trovare il pozzo delle meraviglie non è facile, adesso.
Prova allora a scrivere facendo a meno di due degli elementi più razionali.
Il primo è la punteggiatura.
Non dico di eliminarla, ma di usarla in modi per te inusitati.
Hai presente Saramago che dopo il punto continua con le minuscole, o chi come Giacobbe separa soggetto, predicati e complementi con delle virgole perché secondo loro quando parliamo è quello che facciamo?
Usa la punteggiatura e le sue regole cercando di farla diventare un linguaggio a sé, e scopri quali stimoli nuovi può darti.
Il secondo elemento razionale che t'invito a eliminare, per tutta la durata di una tua sessione di scrittura, è il tasto per tornare indietro nel testo e cancellare.
Fai così: prendi un pezzo di scotch di carta, disegnaci un emoticon sorridente, come questo ;-), e incollacelo sopra.
Per i tuoi prossimi venti o trenta minuti di scrittura, non usarlo mai, e ogni volta che il tuo sguardo e il tuo dito ci cadranno sopra - è inevitabile, data l'abitudine - imponiti di reagire con una risata, una boccaccia, un rumore, come se stessi giocando a tre anni.
L'unico passo indietro consentito è quello nella tua memoria, quando anche tu vedevi il mondo da soli cinquanta centimetri d'altezza.
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