Una scritta sul muro di cinta di un campo di calcio, stamattina, mi ha fatto balenare l'idea di digitare su Google scritte sui muri, per esplorare il grado letterario di questa forma d'espressione.
I risultati sono sorprendenti.
Molte scritte sono basate sul meccanismo della citazione, non sempre consapevole, secondo me.
Per esempio, se una frase come
io e te, quattro metri sopra il cielo, perché a tre metri stanno molta gente (errore originale, n.d.r.)
fa riferimento volontario al romanzo di Moccia, prendendolo in giro (e di scritte parodistiche su questo titolo ce ne sono veramente a bizzeffe), la consapevolezza della citazione - a mio parere - inizia a venir meno di fronte a un pensiero come
fossi Dio c......i sul mondo (la parola nei puntini è scritta con il nesso gh, alla milanese, n.d.r.)
che addirittura ripesca Cecco Angiolieri con la sua S'i' fosse foco, ardere' l mondo ma non so quanto lo faccia apposta.
Qualche margine di consapevolezza probabilmente c'è in
il sesso è l'oppio dei popoli
nata forse dopo che l'autore aveva ascoltato o letto l'originale di Marx.
Come già visto per la citazione "moccesca", il muro è il supporto preferito degli umoristi e uno dei meccanismi meglio riusciti è la deformazione dei modi di dire.
Per esempio, sono molto carini sia
ho messo la testa a posto... ma non mi ricordo dove
che
non ti baciare mai sotto casa, perché l'amore è cieco ma tuo padre no
con due frasi fatte opportunamente sfruttate da trampolino per la catarsi comica.
E che dire del livello retorico dei wall writers?
Certo, qui la qualità aumenta, così come il ricorso all'adozione di frasi non originali, prese forse da quei libriccini che raccolgono motti famosi di personaggi che lo sono altrettanto.
Si va da
vorrei essere una pallina per rimbalzare nel flipper del tuo cuore
a mo' dei concetti di mariniana memoria barocca, al
sono solo il corpo riflesso della mia ombra
con un sapiente gioco di ribaltamento, per arrivare a
voi ridete perché sono diverso ma io rido perché siete tutti uguali
con un chiasmo da maestro che pare sia stato costruito da Jonathan Davis e adottato dal personaggio di Emily Strange.
Per finire, due picchi nella cultura pura.
Il primo è quasi un omaggio al Socrate platonico, e recita
quel che so della mia vita lo devo alla mia ignoranza
frase coniata da Sacha Guitry, mentre il secondo si rifà direttamente alla logica paradossale con una scritta che afferma
giuro che non farò più scritte sui muri
generando una vertigine simile a quella del famoso paradosso di Zenone.
Degno finale, il monito che campeggia su sfondo grigio chiaro:
diffida dai libri, leggi sui muri
Le parole sono pietre, ha scritto Carlo Levi, ma non certo in questo senso...
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