lunedì 16 maggio 2011

Dieci passi per scrivere da paura!

Se Stephen King è fisso al quarto posto nel mondo tra gli scrittori più letti e al decimo tra i più venduti, e se Giorgio Faletti da quando ha scoperto la sua vena è costantemente nella top ten italiana, vuoi vedere che scrivere storie che fanno paura "tira da paura"?

Di sicuro, tutti possiamo imparare moltissimo da come gli autori di thriller, horror e noir riescono a toccare i sensi del lettore e magari accrescere la nostra capacità di lasciare il segno.

Ecco i dieci passi per un racconto del terrore, con licenza di essere usati e adattati a qualsiasi altro tipo di storia.

Il botto
Inizia in piena suspense.

Metti subito in scena il male che provoca danni.

In questo modo il lettore si farà moltissime domande su chi è il cattivo, perché è così cattivo e come si potrà mai fermare.

Hai presente l'inizio di Scream?

È diventato così cult che persino a Zelig Andrea Sambucco ne fa la parodia.

Ma il gioco funziona perché la storia comincia nel bel mezzo del pericolo.

Un eroe della porta accanto
Se vuoi che il lettore s'innamori del tuo personaggio devi renderlo umano.

E umano significa vulnerabile.

Se già "vulnerato", ancora meglio.

Pensa a quanti protagonisti di thriller sono non vedenti o infermi.

Ma vanno bene anche le ferite dell'anima: un sacerdote con la fede in dubbio o un poliziotto in pensione sull'orlo del suicidio per il senso dell'inutilità sono perfetti.

La paura dentro
Se poi vuoi raggiungere l'apoteosi, racconta di un eroe che ha paura proprio della specialità preferita dal cattivo.

In Omicidio a luci rosse Jake Skully è claustrofobico e la soluzione del caso gli costerà parecchie palpitazioni, ma anche l'indubbia solidarietà degli spettatori.

Senza via di scampo
Non è un caso se film come La casa hanno avuto diversi sequel, prequel, remake e imitazioni più o meno fedeli.

Non si copia la storia, ma si riproduce il principio di base: chiudere i personaggi in un luogo dal quale non possono scappare.

Come dimostra la maestria di Stephen King nell'inventare l'Overlook Hotel di Shining.

Squilli improvvisi
Leggenda vuole che la parola thriller derivi dallo squillo del telefono che, nel silenzio, fa saltare il cuore agli spettatori che ovviamente si aspettano accada qualcosa di spaventoso.

Più veritiera la storia della bus scene, in cui a far saltare i nervi è l'improvviso clacson di un autobus che per poco non investe i protagonisti, fino a un centesimo di secondo prima tranquilli e sereni.

In entrambi i casi, l'autore "scherza" con le aspettative dei lettori e degli spettatori: essi leggono quel romanzo o guardano quel film perché vogliono essere colti di sorpresa dallo spavento, così l'autore gliene fa assaggiare un po' prima di farli entrare in contatto con il male vero.

Il male tra noi
Prima di far incontrare il protagonista e il cattivo, è d'obbligo far eseguire a quest'ultimo almeno un paio di scorribande nelle quali mostrare al lettore di cosa è capace.

È utile quando c'è affinità tra la perversione del cattivo - per esempio strangolare le vittime con la pellicola cinematografica - e una caratteristica del protagonista - magari un proiezionista che sta sistemando un po' di pizze in cabina.

Sulle tracce del male
In ogni storia i personaggi cercano qualcosa: può essere qualcosa di materiale, come il vello d'oro, o qualcosa di ideale, come la libertà di Cappuccetto Rosso nel fare la strada vietata.

Tutte le investigazioni nelle storie nere sono una forma di ricerca.

Fai in modo dunque che il tuo personaggio si metta sulle tracce del cattivo e scopra la verità che c'è dietro.

Scontro finale
L'eroe e il cattivo devono affrontarsi.

Se il confronto sarà uno scontro violento o uno scambio reciproco di verità, poco importa.

Ma il cattivo deve poter raccontare la sua versione, e l'eroe deve affrontare la sua paura e superarla.

Funziona meglio se questo superamento avviene grazie all'ingegno più che alla forza.

La quiete dopo la tempesta
La risoluzione rimette tutto com'era prima dell'avvento del male.

L'ordine è ristabilito, sia nel mondo esterno che nella dimensione interiore del protagonista.

La sua ferita iniziale si rimargina, la sua crisi si risolve, è una persona nuova proprio perché è tornata ciò che era prima della tempesta.

Guarda un po' chi c'è
Il cattivo è seppellito sotto tonnellate di macerie e il protagonista e i suoi amici sono serenamente seduti a una tavola imbandita e allegra.

Prima della parola fine qualcosa nel cumulo di detriti si muove e una mano grigia di polveri emerge nervosa.

Il divertimento di alludere al ritorno del cattivo è così forte che vale la pena di ipotizzarlo anche se non pensi davvero di scrivere un seguito.

Un po' come scrivere: fine?

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