Anzi.
Prova a chiedere a Google che cos'è uno scrittore, usando la categoria immagini...
Uno scrive semisdraiato su un tavolino di fortuna, l'altro si regge una testa che appare gravosissima, il terzo lavora addirittura in condizioni di luce pessime come dimostra l'ombra e il quarto addirittura scrive per terra tra fogli sparsi.
Il tutto costellato di tazze di caffè semivuote, pallottole di fogli accartocciati e buttati qua e là e le immancabili sigarette ad affumicare la condizione dello scrittore.
Come se non bastasse, c'è un'altra caratteristica, fondamentale, che non trovi nelle foto perché la si ricava non da ciò che si vede ma da ciò che manca.
E che cosa manca?
Mancano le persone.
Lo scrittore, nella nostra immaginazione e nel campionario fornito da parecchie fonti, è solitario.
E come potrebbe essere altrimenti, visto che la scrittura e l'arte in genere sono (erroneamente) concepite come un parto doloroso e tormentato del mondo interiore dello scrittore o dell'artista che, facendo i conti con i suoi fantasmi, alla fine li condensa in uno scritto o in un'opera eccezionale?
Se tutte le opere eccezionali siano tali grazie alla solitudine dello scrittore, non possiamo dirlo.
Ma se anche lo fossero, da un punto di vista logico resterebbe comunque un non sequitur: se novantanove capolavori nascono da scrittori solitari, il centesimo potrebbe arrivare da uno scrittore pieno di amici e colleghi con i quali condivide la sua arte costantemente.
Poi c'entra la voglia di romanticismo e la capacità tutta umana di mettere a tacere le informazioni contraddittorie: in realtà grandi periodi artistici e letterari coincidono con altrettanto grandi collaborazioni, scambi, di tipo competitivo o amichevole, dall'Umanesimo alle Accademie, fino ad arrivare alla Parigi della Lost Generation, tanto per dire.
Insomma, vuoi vedere che - al di là della figurina maledetta dello scrittore solitario - anche avere compagni di scrittura ha i suoi bei vantaggi?